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Emigrazione

 


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Il ruolo dell'agente di emigrazione: la figura di Giorgio Ricci

 

L'Agente di emigrazione ebbe un ruolo molto importante nella dinamica dei movimenti emigratori transoceanici del secolo scorso. Sebbene non fosse un fenomeno presente con la stessa intensità in tutte le parti d'Italia, il reclutamento delle masse contadine da parte degli agenti fu uno dei fenomeni che più influirono sulla nostra emigrazione e, come disse Ercole Sori : "Senza gli agenti, l'emigrazione italiana non sarebbe stata, per dimensione complessiva, scansione temporale e caratteristiche di reclutamento, quella che fu".
Gli agenti, rappresentanti a volte dei governi d'oltreoceano, di compagnie navali e di imprese di colonizzazione sia pubbliche che private, furono quelle figure che più di ogni altra riuscirono a fare leva sulle masse, fornendo loro un motivo per lasciare quel luogo nel quale l'individuo veniva sfruttato e legato al lavoro non proprio, offrendo il sogno di realizzazione che in patria non sarebbe mai riuscito ad ottenere.
Come afferma Ferdinando Piccioli, anche nel modenese, nonostante il Prefetto di Modena escludesse la presenza di sobillatori e agenti di emigrazione, girovagavano nelle campagne e sulle montagne dell'Appennino "personaggi loscamente interessati"; anche se, in risposta ad una Circolare Ministeriale del 1894, le stesse autorità locali dovettero poi ammettere che a Frassinoro, Pievepelago e in altri posti del Frignano erano stati inviati manifesti di incitamento ad emigrare ad osti e a vari proprietari di negozi.
In qualche caso, a svolgere il ruolo di agente di emigrazione erano gli stessi colonizzatori, che partiti anni prima verso il nuovo mondo a "fare fortuna", grazie alle varie occasioni di arricchirsi trovate sul posto, tornavano al proprio paese a reclutare i propri compaesani, possibili emigranti.
Questo fu l'esempio di ciò che accadde a Giorgio Ricci, il promotore dell'emigrazione di un centinaio di Frignanesi verso le lontane colonie agricole del Cile.
Egli fu sicuramente una delle figure più significative e che più si distinsero nel dar vita a questo progetto di colonizzazione. Figlio di contadini, Giorgio Ricci nacque a Verica di Pavullo nel 1870. Lavorò con il padre e il fratello a Bologna, come salumiere. L'apprendimento di un mestiere specifico fu per Ricci il lasciapassare verso la via dell'emigrazione transoceanica: nel 1895, con pochi soldi in tasca, emigrò in Cile, munito di un triennale contratto di lavoro.
I primi anni lavorativi di Ricci non furono diversi da quelli di migliaia di persone che, una volta trovata una specializzazione lavorativa, coglievano l'occasione di emigrare nel nuovo continente e, grazie a qualche aggancio e qualche buona amicizia, trovavano lì lavori più remunerativi ed occasioni di successo.
In effetti l'emigrazione, soprattutto per gli uomini giovani non sposati, era un modo per poter approfittare delle varie opportunità che si presentavano senza aver l'ostacolo della famiglia da sfamare in patria; era inoltre un'occasione per dimostrare quanto si valeva.
Come raccontò egli stesso nei suoi libri, il periodo in cui lavorò a Santiago fu molto importante per poter stabilire contatti con personaggi di grande rilievo, sia nel campo politico che in quello economico. E infatti, dopo poco meno di dieci anni, e messi da parte i capitali necessari, si apprestò, insieme al fratello Alberto, ad intraprendere il primo esperimento di colonizzazione agricola italiana in Cile. Effettivamente, le possibilità di fare carriera ed affari nel nuovo continente non mancavano di certo; bastavano, come era solito dire Ricci, spirito di iniziativa e perseveranza in ciò che si crede.
Anche l'istruzione fu un elemento che Ricci sentì come necessario per poter raggiungere i traguardi di realizzazione personali che si era prefissato, e da autodidatta quale era, cercò in tutti i modi di ovviare alle carenze che la sua estrazione sociale contadina gli aveva precluso.
La decisione di impegnarsi nella fondazione della colonia Nueva Italia fu il salto decisivo che gli permise di avanzare nella scala sociale ed acquisire prestigio in Cile. Del resto anche nel paese d'origine la fama di questo uomo iniziò a diffondersi.
Fu proprio con questo progetto che Ricci diventò Agente di emigrazione, anche se lui ci tenne sempre a sottolineare che la sua opera era rivolta alla colonizzazione e non alla speculazione di "carne umana", come venne più volte asserito dai suoi avversari.
Nel frattempo, entrò in contatto, quasi casualmente, con Salvatore Nicosia, un emigrato originario della Sicilia, che, dopo qualche anno passato in sud America, aveva trovato il modo di fare i soldi e che, con le sue sole doti, era riuscito ad occupare un posto di estrema rilevanza nella società cilena del periodo parlamentare, sia come giornalista, sia come promotore dell'avvicinamento tra l'Argentina e il Cile in qualità di Console della repubblica argentina in Cile. Ricci, approfondita l'amicizia con Nicosia e resosi conto dei legami che quest'ultimo aveva con le autorità governative cilene, decise di approfittare della legislazione sulle concessioni territoriali allora in vigore ed ottenere dei territori demaniali nell'Araucania, allo scopo di colonizzarli.
Che la legislazione cilena permettesse delle speculazioni, non fu certo un segreto.
Ma, nel caso della colonia Nueva Italia, si trattò di questo? Come mai la colonia, a distanza di anni, non ha potuto svilupparsi e creare un fiorente centro economico come si presupponeva che accadesse?
La colpa fu dell'impresa di colonizzazione, troppo preoccupata dei propri tornaconti personali?
Delle autorità cilene, troppo invischiate in favoritismi e clientelismi con i grandi latifondisti?
Oppure delle autorità italiane, troppo poco attente alla salvaguardia dei nostri emigranti e poco presenti nelle fasi successive al loro stabilimento nella colonia?
O fu piuttosto l'insieme di tutte queste cause che contribuì a far sì che lo sviluppo di questa colonia fosse non solo lento, ma rallentato dai mille problemi che causò la mancanza di sostegni governativi sia cileni che italiani.
 


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