La Val Dragone nella storia |
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I russi che
salvarono l'onore
dei partigiani durante la guerra civile
Alcuni degli
episodi meno noti e forse volutamente trascurati della guerra civile riguarda
l'apporto fondamentale di alcune bande di ex prigionieri russi che, scappati dai
lavori forzati per la TODT (organizzazione di lavoro forzato germanico) sul
valico del Brennero, e altri scappati dal campo di prigionia di Fossoli, si
aggiunsero alle bande partigiane della Repubblica di Montefiorino creando una
vera e propria formazione denominata "Battaglione russo", sebbene raggiunsero al
massimo il numero di circa 120 componenti.
Sentiamo al proposito la testimonianza di Aldo Corti, già reduce alpino della
campagna di Russia, che nell'agosto del 1944, dopo l'assassinio di suo padre
Olimpio da parte dei partigiani della banda di Pini, era rimasto l'unico
fotografo ufficiale di Montefiorino.
Il suo archivio fotografico sulla guerra civile è stato donato al Comune di
Montefiorino e le fotografie sono state oggetto dell'opera di Paolo Battaglia e
Claudio Silingardi: "Obiettivo Montefiorino".
"Era il primo
luglio del 1944 quando affacciandomi alla mia bottega di barbiere e fotografo
vidi 3 uomini in abiti civili dirigersi verso di me per chiedermi informazioni
di come raggiungere la sede del comando partigiano che si situava dal 18 giugno
precedente (data dell'entrata dei partigiani in paese e della soppressione del
contingente repubblichino che si era arreso senza colpo ferire) presso la ex
caserma dei carabinieri in via Alighieri.
Erano soldati sovietici scappati dai lavori forzati della Todt ed erano guidati
dal Capitano Vladimir Pereladov e si stupirono per il fatto che parlassi un po'
di russo a seguito dell'esperienza sul fronte russo dell'anno precedente con
l'ARMIR.
Mi spiegarono quindi che volevano unirsi al contingente dei partigiani locali
per combattere il tedeschi.
Li accompagnai così al comando del CNL e il partigiano "Vallace",anche lui
alquanto sorpreso, mi chiese se potevano essere spie al servizio dei tedeschi.
Al che io risposi che avendo visto quanto avevano fatto di male i tedeschi sul
fronte russo, mi sembrava quest'ultima un'ipotesi alquanto azzardata."
E i
partigiani come reagirono?
"Beh, vista la carenza di esperienza militare che molti di loro avevano,
essendo perlopiù dei renitenti alla leva delle classi 23-24-25, essi non
poterono che felicitarsi di un apporto cospicuo di veri soldati che avevano già
combattuto i tedeschi, tant'è vero che in pochi giorni, a seguito dei 3 primi
russi ne arrivarono un altro centinaio.
Fu così che costituirono un battaglione, che seppur non composto dai circa 600
soldati abituali, era ben più numeroso delle cosiddette "divisioni" di
partigiani italiani che contavano a malapena qualche centinaio di uomini.
Questo battaglione che agiva per proprio conto seguendo le direttive del CNL
locale dispose il suo comando in paese in via Roma ed ebbe come comandante il
capitano stesso.
Per armarsi a dovere dovettero solo attingere agli enormi rifornimenti che gli
angloamericani tutte le notti lanciavano sulle nostre vallate.
Me li ricordo bene questi russi che, a differenza di qualche altro partigiano
italiano, si comportarono bene con la popolazione e con una disciplina talmente
ferrea che quando una volta uno di essi mi prese in prestito senza dirmelo, la
bicicletta, il capitano stesso lo prese e lo punì pubblicamente."
Quindi avevi
sviluppato un rapporto di amicizia con loro?
"Ebbene si, pur avendo combattuto contro di loro sul fronte russo, mi
rispettavano e stimavano, sapevano che noi alpini avevamo combattuto con
coraggio, ma mai avevamo compiuto efferatezze sulla popolazione civile, e
venivano sempre nel mio negozio a farsi la barba e a scambiare qualche parola.
Anzi, più di una volta lo stesso capitano veniva ad avvisarmi di stare attento,
perché alcuni partigiani italiani volevano uccidermi e aspettavano solo la buona
occasione per farmi fare la fine di mio padre…"
E quando
arrivarono i tedeschi il 1° agosto 1944 si "sganciarono" rapidamente come tutti
gli altri partigiani italiani?
"No, essi combatterono a Piandelagotti dove riuscirono a mettere in fuga una
colonna di tedeschi, e al Passo delle Forbici riuscirono addirittura a far
desistere i tedeschi.
Poi si diedero alla macchia come gli altri partigiani, e lo stesso capitano
Pereladov passò il fronte della Gotica con i suoi uomini superstiti.
Finchè, tornati al di qua del fronte, il 6 gennaio del 1945 sgominarono il
plotone di tedeschi della Wermarcht (tutti richiamati della riserva tra i 40 e
50 anni) di stanza al "Pianellino" e che nei giorni precedenti i partigiani
italiani avevano invano attaccato e il Battaglione russo li fece prigionieri.
Erano tedeschi rimasti dal 1° agosto 1944 ed erano truppe di complemento che non
fecero mai uno sgarbo alla popolazione civile, anzi svolgevano come i
carabinieri repubblicani di Vitriola un ruolo più che altro virtuale di
sorveglianza del territorio….
Dopo essere stati consegnati al CNL di loro non si ebbe più notizia,
probabilmente non hanno più fatto rientro a casa."
Carabinieri
Repubblicani?
"Erano quelli che trovandosi al Nord, continuarono a svolgere il loro ruolo
senza soluzione di continuità al servizio del governo in essere, cioè la
Repubblica di Salò.
A volte morirono per mano dei partigiani, come l'appuntato Pifferi ucciso dal
futuro Sindaco Teofilo Fontana nel dicembre del 1943 mentre era in servizio nei
pressi di Gusciola, il che rappresentò uno dei primi casi di innesco delle
atrocità commesse nella nostra montagna.
Non se ne parla sui libri di storia, ma c'erano anche loro, che come colpa hanno
avuto quella di continuare a servire lo Stato"
Da questa
tua intervista i partigiani italiani non sono dipinti come ci hanno insegnato
sui libri di scuola…
"La storia la scrive chi vince…
Pensa che lo stesso capitano russo Vladimir Pereladov, decorato con medaglia
d'oro italiana e inglese, finirà poi in un gulag al rientro nella Russia
sovietica…"