Tradizioni della Val Dragone |
La "Mattinata" nella Val Dragone
di Aldo Magnoni
Lo studio sulla dinamica sociale delle nostre popolazioni montane, dopo la seconda metà del XVI secolo, passa obbligatoriamente attraverso l’analisi dei registri parrocchiali. Capita però a volte che la progènie di una tal famiglia si areni sul registro dei matrimoni e per "riannodare la traccia persa" non solo la si deve ricercare in altre parrocchie vicine, ma spesso occorre cercarla in parrocchie di altre Diocesi. L’antica costumanza della "mattinata" era spesso la causa di questi corto circuiti. Era praticata allorquando vi era un matrimonio tra una vedova ed un celibe, tra due persone vedove e anche quando un uomo anziano sposava una donna giovane dove, in quei casi, come descrisse Galassini nel 1895 su "L’Appennino Modenese", la sera delle nozze i giovanotti dell’alta montagna vanno vagando dalla casa dello sposo a quella di lei e per le vie del paese, suonando corni, padelle, fischietti e facendo un fracasso del diavolo (detto tampellata) che si prolunga fino ad ora più o meno tarda, e per più o meno sere a seconda che il novello matrimonio pare più o meno giustificato. A volte capitava anche che gli stessi sposi fossero costretti a partecipare a questa manifestazione loro sgradita, dove venivano messi sopra un baroccio strattonato dagli scalmanati giovani, e meno giovani, per tutto il paese. Come ben spiegò G. Bedoni nel 1982 per far cessare la "mattinata" non c’era che un mezzo: "venire a contatto" tra il capo della manifestazione e lo sposo alla vigilia delle nozze o nel corso di una festa che poteva durare per quindici giorni. Ma se quest’ultimo si fosse rifiutato di offrire il vino, che costituiva il contenuto della prestazione richiesta nell’ atto contrattuale, per lui le conseguenze sarebbero state abbastanza serie: alla sanzione principale (scampanata) si sarebbe aggiunta una ulteriore sanzione accessoria, quale penale per la mancata accettazione dell’accordo, tollerata nei giusti limiti dai costumi e dalle consuetudini locali.
I futuri sposi che si fossero trovati nelle condizioni di dover sottostare ad una "mattinata", non avevano quindi che una soluzione: un matrimonio "segreto" ufficiato il più lontano possibile dai rispettivi paesi d’origine. Così ad esempio si comportò a Casola nella prima metà del XVIII secolo il Capitano Pietro Rasponi di 54 anni, vedovo e già padre di quattro figli, quando il 27 aprile 1738 sposò la diciannovenne Catterina Colombini. Benchè egli fosse personaggio importante in quanto l’ufficiale più alto in grado e quindi comandante delle milizie estensi di Montefiorino, non esitò a portarsi nella Chiesa dei S.S. Apostoli Jacopo e Filippo di Modena a far celebrare il loro matrimonio. E’ ragionevole quindi pensare che, stante la grande differenza di età degli sposi, un matrimonio celebrato a così tanta distanza dal loro paese d’origine, avesse proprio l’obbiettivo di schivare la "mattinata".
"Mattinate" che hanno avuto una storia ricca di spiacevoli conseguenze: direttamente o indirettamente costituirono antecedenti di gravi fatti delittuosi, al punto che le autorità religiose e civili intervennero con drastici provvedimenti: i sinodi dei vescovi francesi le vietarono dal 1365 al 1609; in Emilia e precisamente a Finale nel 1420, a Parma nel 1494, a Modena nel 1547, a Ferrara nel 1567 e a Bologna nel 1570. Gli autori delle "mattinate" vennero condannati a pene pecuniarie ed al sequestro omnia instrumenta sonatoria ; qualora avessero commesso altri reati durante e dopo la manifestazione, ovviamente sarebbero stati sottoposti a regolare processo penale.
Spigolando nell’Archivio di Stato ho rinvenuto una importante testimonianza (purtroppo l’unica) di come i divieti sopra accennati a distanza di oltre un secolo dalla loro promulgazione, non ebbero nella nostra valle il minimo effetto.
E’ una supplica al Duca fatta dagli uomini di Casola nel giugno del 1658 attraverso la quale chiedono di non essere condannati per aver fatto una "mattinata" in quanto... l’avevano sempre fatta! Ne ignoriamo la risposta avuta. Così recitava la supplica:
"Essendo passato Pietro Gherardelli, per la Villa di Casola, mentre conduceva la sposa, alcuni di detta Comunità di giorno, come nella sera, gli fecero con varii istromenti la matinata. Per tanto essendo essi stati querelati all’Ufficio di Montefiorino, essa Comunità suddita humilissima di Vostra Altezza Serenissima, reverentemente genuflessa la supplica farli grazia d’assolverli da ogni e qualsiasi spesa e condana in che potessero incorrere, essendo solito farsi detta matinata, particolarmente la sera, tanto in quella Villa, come nell’altre circonvicine, del che pregherano il Signore Quam Deus".
Reminescenze della "mattinata", ma in modo più soft, le troviamo ancora negli anni ’50 quando chi non avesse chiamato l’orchestra da ballo dopo il matrimonio era soggetto "al suono delle bronzine", ossia interminabili notti sotto casa degli sposi a far chiasso, fin quando questi non ponessero il dovuto rimedio.