la Luna nuova

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Editoriali&Terza pagina

 

Raccolta degli editoriali  e delle "Terze pagine" pubblicati sul periodico la Luna nuova

 

 

Indice

 


la Luna nuova  -  Settembre 2009


 

 


Editoriale


 

 

 

Salviamo la memoria

 

di Ugo Beneventi

Chi proviene da una grande e tragica esperienza come quella vissuta dalla mia generazione, il 18 marzo 1944, ha dentro di sé un nodo che deve essere sciolto, se non vuole perdere la propria identità: il nodo della memoria. Occorre tenere presente che, noi montanari della Valle del Dragone, siamo sempre stati un popolo di emigranti, di manovali e serve e quella data ci ha conferito una nuova dignità.

Ci trattavano col "tu" come i servi della gleba, senza rispetto e con nessun riguardo. Quel giorno ci ha restituiti alla dignità di cittadini di un nascente Stato democratico. Se dei morti di quel giorno non conserveremo lucida memoria, saremo un popolo destinato a non avere futuro.

Per anni sono vissuto anch’io nell’illusoria certezza che nessuno avrebbe mai dimenticato i valori scaturiti da quella strage. Pensavo che la gente avrebbe ricordato, che non si sarebbe mai dimenticata, invece…

Chi non conosce la storia vive nell’illusione e l’illusione è destinata a morire nell’anonimato, come i suoi cultori.

Non intendo, sia ben chiaro, fare la storia del mondo. Mi limito a qualche riflessione unicamente in relazione alla mia piccola e bellissima valle, per la quale dispongo, tra l’altro, di esperienza personale. Qui, ad esempio, i nostri giovani della loro storia conoscono ben poco; storia che li riguarda tutti in prima persona.

Una piccola storia locale, è vero, ma che si inserisce a pieno titolo nella grande storia dell’Italia. Il 18 marzo 1944 ebbero degli uccisi in casa: parenti, fratelli, nonni che morirono da silenziosi eroi, da martiri per la libertà. E’ desolante sentirsi rispondere: "Ormai sono cose passate!". Ed è in questo vuoto di memoria che il "peccato del mondo" (la violenza) mette nuove radici. La non conoscenza della Storia inibisce nell’uomo la capacità di giudicare, lo pone ai margini. C’è gente, infatti, che parla, parla e parla e non sa quello che dice. Ti disarmano, perché contro l’ignoranza non c’è rimedio. Sconfisse persino Gesù Cristo sulla croce il quale, pur di poter salvare tutti, ignoranti compresi, pregò il Padre affinché li perdonasse, in quanto non sapevano quello che stavano facendo. Gesù li perdonò, ma l’ignoranza coltivata resta pur sempre una colpa.

Il mio intento è quello di risvegliare la memoria. Voglio (vorrei) che i nostri giovani sappiano ciò che è successo da noi, qui, in casa nostra. Voglio (vorrei) capire il perché la nostra gente sembra essersene dimenticata. Dopo la strage, per anni a Costrignano il 18 marzo è stato un giorno festivo: il giorno della memoria. E’ questa memoria storica che dobbiamo recuperare. Sebbene in solitudine, seppur lontano dal mio paese, per lunghi anni io ho ricordato. Ovunque mi trovassi, per strada, in tram, al lavoro, non potevo fare a meno di non osservare un minuto di silenzio. Pian piano questa ricorrenza, anche per me, è scivolata via. Non dobbiamo permettere che si estingua. E’ un nostro patrimonio che nessuno può sottrarci. Questa è verità; è la nostra verità storica che ci tiene legati gli uni agli altri e che nessuno potrà mai modificare. "Se vuoi cambiare gli altri, incomincia da te stesso", dice una buona massima. Ebbene, aggiungo: se vuoi cambiare il mondo, incomincia con l’affermare la verità sul 18 marzo 1944 a Costrignano, Susano e Monchio. Non possiamo permettere che qualcuno metta sullo stesso piano martiri ed assassini. Se siamo tutti uniti lo possiamo impedire.

 


 

Siamo preoccupati

La Luna intende rendere pubblica una situazione di forte preoccupazione che si sta diffondendo sempre più nella popolazione del nostro comune.

Scriviamo questa denuncia sollecitati da persone che hanno scelto di vivere in montagna (alcuni già residenti, altri tornati dopo aver vissuto in città), pensando che la vita di paese possa offrire migliori garanzie di sicurezza, soprattutto per i propri figli, rispetto alla città.

Ci riferiamo allo spaccio di sostanze stupefacenti e al loro uso che da qualche tempo è comparso anche da noi.

Siamo ben consapevoli di dire cose che sono a conoscenza di molti, comprese le autorità competenti che sappiamo impegnate in questo campo.

Resta il fatto che la percezione di insicurezza tra i cittadini, ultimamente, sta costantemente aumentando, assieme ad un sentimento sempre più diffuso di insofferenza. Il problema è presente ormai da qualche anno e la sensazione percepita è che le cose non stanno cambiando, anzi paiono stabilizzarsi, normalizzarsi.

Ad aumentare la preoccupazione di chi scrive e crede nelle regole del "vivere civile" riferiamo dell'intenzione di alcuni cittadini, evidentemente ormai al limite dell'esasperazione, di organizzarsi per risolvere il problema in maniera per così dire "privata", senz'altro con ottime possibilità risolutive ma non completamente entro i confini della legalità.

A nostro parere non bisogna sottovalutare il pericolo rappresentato da pochi individui che tuttavia sono sufficienti a creare danni enormi nei nostri piccoli paesi; se queste situazioni vengono tollerate e si "normalizzano" diventa molto più difficile risolverle: molto meglio e necessario intervenire subito con decisione e coraggio, ognuno per le proprie competenze e responsabilità.

Pensiamo allo struzzo: spaventato mette la testa sotto la sabbia, ma...

 

 

 

 

 


Terza pagina


 

 

Storia, maestra di vita

Vorremmo, collegandoci a quanto scrive Ugo Beneventi nell'editoriale, approfondire l'argomento dell'ignoranza nella quale si trovano le generazioni più giovani, riguardo vicende, fatti storici e argomenti che hanno segnato la nostra valle il 18 marzo 1944. Non vogliamo trattare in nessun modo delle responsabilità, su chi, come e perché sia successa la strage, non ne abbiamo le competenze e probabilmente, non sono ancora maturi i tempi per parlarne serenamente; vorremmo invece puntare l'attenzione su come viene affrontato, quando viene affrontato, questo argomento da parte dei nostri giovani.

Se chiedi ad un anziano che ha combattuto, se sia utile fare la guerra, questo ti risponderà immancabilmente che la guerra non serve a risolvere alcun problema, anzi porta solamente povertà e miseria; al contrario, a sentir parlare molti giovani, anche nostri, vengono i brividi: si coglie, nei loro ragionamenti, una voglia di violenza camuffata con la veste della giustizia; nella maggior parte sono d'accordo quando si tratta di sostenere un intervento armato. Fin qui la situazione. Ora c'é da chiedersi: come mai? E' solamente responsabilità delle nuove generazioni oppure hanno responsabiltà anche le istituzioni, le famiglie, la scuola? Ha senso continuare a celebrare il 18 marzo come stiamo facendo ormai da diversi anni, ponendo in fretta una corona alla base dei monumenti ai caduti di quel giorno (monumenti, fra l'altro, abbandonati e trascurati da anni), per poi andare a festeggiare intorno ad un tavolo? Quant'é che non viene organizzata una tavola rotonda sull'argomento, oppure siano state coinvolte le scuole per informare e tentare di spiegare cos'é successo quel maledetto giorno e perché?

Ancora le scuole: nei loro programmi di storia perché si arriva sempre, massimo, alla Prima Guerra Mondiale? Non si potrebbe tralasciare qualche vicenda dei Sumeri o degli Inca (per carità nobilissimi popoli) per avere un po' più di tempo per approfondire la nostra storia contemporanea che ci riguarda molto più da vicino anche nelle scelte che facciamo ancora adesso?

"Chi non conosce la storia vive nell'illusione e l'illusione è destinata a morire nell'anonimato" scrive il nostro Ugo, e ne siamo pienamente d'accordo: l'illusione non è altro che il frutto dell'ignoranza, ma quando si prendono decisioni nell'ignoranza, innanzitutto si pensa di essere nel giusto (l'illusione); non si possono poi sapere le conseguenze di quelle decisioni perché prese in base a presupposti errati, quindi il risultato è facilmente immaginabile.

C'é da chiedersi, inoltre, come mai nella nostra realtà la vicenda del 18 marzo sia ancora un tabù. Se provi a chiedere a qualcuno che ha vissuto quel giorno in prima persona, senti la volontà di tergiversare, di cambiare argomento: non se ne vuole parlare, come fosse un argomento rimosso e che non si vuole ricordare.

Questo dà, in parte, la misura della tragedia umana che è stata la strage e proprio per questo, per l'enormità della brutalità che l'uomo ha toccato, che coloro che scamparono alla strage o che ebbero parenti uccisi avrebbero dovuto avere un sostegno psicologico, così come hanno avuto i parenti delle vittime di Marzabotto: per diversi anni dopo la fine della guerra ci furono degli psicologi che aiutarono gli scampati a superare il trauma; perché da noi questo non è avvenuto?

Ecco: queste sono considerazioni e interrogativi che (ci) poniamo, perché la storia, quando non viene dimenticata, è maestra di vita; gli err

ori del passato possono e devono insegnarci qualcosa. Bisogna, però, voler guardarli in faccia senza paura e trarne insegnamento per il futuro.

La nostra Associazione si mette a disposizione per aprire un dibattito, studiare i documenti e quant'altro si voglia mettere in campo per approfondire l'argomento della strage che, come dice ancora Ugo, ci ha conferito la dignità di cittadini del nascente Stato italiano.


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