la Luna nuova

Notizie, tradizioni, solidarietà da Palagano e dintorni 

 

 

Editoriali&Terza pagina

 

Raccolta degli editoriali  e della rubrica "Senz'offesa" pubblicati sul periodico

 

 

Indice

 


la Luna nuova  -  Luglio 2003


 

 


Editoriale


 

 

 

 

Vivere in Montagna da protagonisti: tante realtà un solo Appennino


di Edda Chiari
 


Inizialmente volevo scrivere per puntare l’attenzione su un aspetto particolare dell’Appennino che mi aveva fatto riflettere e che mi suonava nella testa come un fatto negativo: così mi ero messa a ricercare prove di quanto stavo pensando. Cercavo le prove della negatività, come spesso si fa, ma invece ho trovato un aspetto positivo e mi sono detta: perché una volta tanto non partire da ciò che c’è di buono?
Non ho ancora detto a quale questione sto pensando e tanto meno mi sono presentata: malissimo!
Mi posso definire una mezzo sangue, nel senso che il mio papà è reggiano e la mia mamma modenese; entrambi però sono nati oltre gli 800 metri di altitudine in due borgate sperdute nei comuni rispettivamente di Villa Minozzo e di Pavullo. Questo spiega forse il mio amore per i monti, il fare di tutto per tornarci il più spesso possibile, anche se sono nata e sempre vissuta nella ‘bassa’.
Il mio sangue misto spiega sicuramente il pensiero, di cui vi parlavo prima, su cui mi sto arrovellando: come possa la nostra montagna essere così divisa.
La sensazione è che essa non sia considerata come un’entità da vedere nel suo insieme, ma che sia sempre più divisa non solo in province, ma all’interno delle stesse, in comunità montane che ben raramente dialogano tra loro in modo costruttivo.
Pensavo a quanto i nostri amati torrenti siano ben più barriere naturali oggi, che diventano confini tra province, di quanto non lo fossero per Romani, Longobardi, per Matilde di Canossa che tali barriere superava costruendo torri e castelli che comunicavano tra valli distanti tra loro.
Esempi di questa divisione? Sono ben poche le collaborazioni tra comuni confinanti di province diverse, anche riguardo aspetti culturali e storici comuni: mi viene in mente la rassegna dei Maggi, ma anche per questa quanto di più si potrebbe fare. Che dire del fatto che eventi come le stragi nazifasciste nel modenese (Monchio, Susano, Costrignano, Savoniero) e quella di Cervarolo sembrano fatti assolutamente estranei l’uno all’altro quando sono avvenuti a pochissimi chilometri di distanza e peggio ancora sono stati espressione della stessa barbarie così prolungata e così feroce? I partigiani modenesi non sono forse andati a morire nel reggiano e viceversa? Sarebbe bello dare un valore comune ad avvenimenti che siamo solo noi con i confini di targa a tenere separati.
E mi viene un pochino da ridere quando leggo il libro di un noto narratore reggiano intitolato ‘Appennino’, ed in esso trovo descritto in realtà solo l’Appennino reggiano.
Non è una critica, uno descrive ciò che conosce anzi così deve essere… mi viene solo da pensare che le cose in comune sono tante e riconoscerlo, potenziando le attività comuni, porterebbe solo vantaggi.
Ecco allora la prova positiva: 23 anni fa un illuminato personaggio reggiano Osvaldo Piacentini, il quale ha vissuto anche a Palagano dopo l’8 settembre 1943 per sfuggire al regime, stendeva il ‘Progetto Appennino’.
Voluto dalla regione Emilia Romagna insieme ad altrettanti piani-progetti relativi a Costa Adriatica dal Po a Cattolica, area Cispadana da Ravenna-Ferrara a Piacenza, via Emilia da Piacenza a Rimini, il Piano per l’Appennino da Rimini a Piacenza fu l’unico ad essere redatto, anche se venne ben presto accantonato per attuare i nuovi orientamenti dati alla programmazione territoriale. E’ stato riproposto nel 2003 e pubblicato grazie all’Archivio Osvaldo Piacentini e al Comitato Italiano Anno Internazionale delle Montagne perché le lungimiranti considerazioni di 20 anni fa, sono di un’attualità impressionante. "Quel Progetto Appennino, a tanti anni di distanza, farebbero bene a leggerlo di nuovo amministratori, forze economiche e sociali, tecnici e soprattutto i cittadini che ancora vivono e vogliono vivere in montagna da protagonisti e non da puri conservatori della natura. Se riletto con attenzione e senza veli di appartenenza generazionale, politica e culturale, si troverebbe che quel progetto nelle sue linee strategiche, e non in tutti i suoi contenuti operativi, è di viva attualità perché risponde prima di tutto proprio a quei presupposti su cui si è fondata la nuova fase della pianificazione e della programmazione regionale. Certamente quei presupposti al momento della sua elaborazione non erano così evidenti e tanto meno espressi, ma il progetto conteneva una dimensione regionale, sovra-comunale, provinciale, tentava una risposta di area vasta, non si basava su vincoli rigidi, ma forniva un quadro di riferimento su cui innestare la valorizzazione delle diverse valenze e peculiarità territoriali" (C. Baccarini).

 

 

 

 

 


Terza pagina

Opinioni


 

 

 

“Biada ti me luna che t’ved la me Marietta"

 

 

 

“Biada ti me luna che t’ved la me Marietta”, che tradotto in madre lingua vorrebbe significare: "Beata te mia luna che puoi vedere la mia Marietta".
Leggendo il vostro periodico di informazione, prestatomi da amici, mi è venuto in mente questo “detto” paesano che voleva essere un’espressione di gioia da parte di un innamorato che guardava la luna e sognava la sua Marietta lontana da casa. Anch’io, tante volte, mi soffermo a guardare e ad ammirare le meraviglie della natura ricordando i luoghi dove sono nato. Ma ciò non mi pesa, quello che invece mi da più fastidio è “la confusione, la vita sfrenata, spericolata, come viene cantata da un cantautore degli ultimi tempi, vissuta da tante persone che non sanno più vivere in pace con se stessi.
Questi comportamenti, che io chiamerei “stili di vita”, lasciano pensare che queste persone non sono più ancorate agli equilibri della vita; si vive in un modo dissennato e la gravità del pensiero di oggi è che si pensa che per essere “liberi” bisogna prima essere “uguali”: grande assurdità che ha dato inizio alla disintegrazione lenta ma inesorabile dei valori primordiali e con essi la vita nel senso più stretto del termine. Durante le chiacchierate con gli amici, ogni tanto qualcuno mi chiede quali siano i valori primordiali e io rispondo:la legge superiore che è parte integrante della vita stessa. Il rispetto di tale legge significa: saggezza, bontà d’animo, amore per se stessi e per il prossimo, generosità, comprensione, conoscenza, intelligenza, gratitudine per aver ricevuto in dono la vita e poterla trasmettere ai propri figli, significa anche rispetto per tutte le creature che coabitano con noi su questa terra. Sono molto convinto che la diseducazione, derivante dall’applicazione di una mentalità meccanicistica, disorienta e deresponsabilizza il cittadino dei doveri che ha nei confronti della conservazione dell’ambiente naturale che lo circonda, nonché della propria salute fisica, mentale e spirituale, costringendolo a delegare ad altri questo compito. Ognuno di noi si dovrebbe sentire responsabile del dissesto procurato nell’ambito della società in cui siamo costretti a vivere, Sono anche oltremodo convinto che una visione della vita in senso più armonioso, sarebbe molto più confacente allo sviluppo della stessa società organizzata, mentre il concetto di “contrapposizione”, che generalmente assume il significato di “avverso, diverso”, genera intolleranza e odio, bloccando l’armonica evoluzione dell’umanità.
E’ di questi ultimi tempi la situazione dell’immigrazione incontrollata di masse di stranieri e delle cause ed effetti che ne conseguono: la storia si ripete ma non si intravedono cambiamenti.
Chiudo questo mio intervento nella speranza che la Direzione possa concedermi la possibilità di rendere pubbliche queste mie idee, con una semplice esposizione del concetto di “collaborazione” rappresentato dalla vignetta e lascio agli amici della Luna nuova la possibilità di commentarla traendone le dovute “riflessioni”.
 


Francesco Discenza
 


Indice