EVANGELIZZAZIONE


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"A levante Boccasuolo (Bocaxolum) parrocchiale di S. Apollinare v. m. è chiesa antichissima.

Se ne fa menzione in una carta dell'archivio cap. del 1316, in cui si riferisce come Rainuccino, prete della chiesa di S. Martino di Susano,

per commissione del vescovo di Modena Buonincontro da Fiorno dà il possesso del chiericato di S. Apollinare

di Boccassuolo ad Ugolino da Talbignano. E' pur ricordata in un'altra carta del 1345."

 

(E. Berti, "L'Appennino Modenese")

 

 

Origini del cristianesimo in Appennino


Attorno all'anno 60 Apollinare giunse a Roma, con S. Pietro, di cui era discepolo, provenendo da Antiochia e da qui, consacrato vescovo, fu inviato a Ravenna per diffondere il cristianesimo. Apollinare predicò in diverse città emiliane, tra cui Modena, tanto che viene spesso indicato come "l'apostolo dell'Emilia". Il cristianesimo nella nostra regione si diffuse, quindi, fin dal primo secolo. Anche se nella montagna esistono chiese dedicate a S. Apollinare, tra cui alcune molto antiche, quali Boccassuolo e Coscogno, non è possibile concludere, come a volte si è fatto, che sia stato proprio Apollinare a portare il cristianesimo nei nostri monti.

Quello che si può dire è che comunità di cristiani erano presenti a Modena già nel secondo secolo e che il primo vescovo modenese di cui abbiamo notizie è Antonino il quale resse la diocesi nel 342-343. Il cristianesimo ebbe un forte impulso durante l'episcopato di Geminiano (350-396 circa).

 

Geograficamente le valli del Dragone e del Dolo confinano con il modenese, il reggiano e la Toscana. Da dove giunsero dunque i primi evangelizzatori?

Difficilmente dalla Toscana, forse anche in relazione alla difficoltà di spostamento verso territori impervi; inoltre, nelle nostre zone, non si sono avute dipendenze da autorità religiose di quella regione. Le comunità cristiane che si sono via via sviluppate nel corso dei secoli invece dipesero, e tuttora dipendono, o dalla diocesi di Modena o da quella di Reggio, con una suddivisione assai bizzarra che non tiene conto dei confini naturali del territorio né di quelli civili e amministrativi. L'origine di tale delimitazione del territorio tra le due diocesi, che corrisponde all'attuale, è molto antica e sicuramente già esistente nel 962, come si legge nel diploma di Ottone I, datato 20 aprile 962 (ma vi sono evidenze che doveva essere così anche in tempi precedenti, probabilmente fin dal IV secolo).

Possiamo quindi stabilire con buona sicurezza che i primi evangelizzatori giunsero in queste terre provenendo da Modena. A conferma, oltre ad altri dati, consideriamo qui solamente che una delle prime Pievi modenesi, quella di Rubbiano, si sviluppò proprio al confine tra le due vallate ed estese la propria giurisdizione anche in pieno territorio reggiano. L'ipotesi più verosimile è che i primi evangelizzatori (sacerdoti, diaconi e laici) delle valli del Dragone e del Dolo provenissero da Modena. Dopo di essi giunsero anche uomini da Reggio Emilia.

 

Il centro di diffusione del cristianesimo per la nostra montagna fu Rubbiano a partire dal V o VI secolo. Nel VI secolo, essendo zona di confine tra il regno Longobardo, non cattolico (con centro a Bismantova) e l'esarcato di Ravenna (Bizantini, cattolici, con centro a Carpineti e forse anche in quel di Pavullo) le valli del Dragone e del Dolo risentirono del dissidio tra i due blocchi.

 

Forse due avvenimenti diedero maggior vigore alla diffusione del cristianesimo: Agiulfo, re dei Longobardi, secondo marito della cattolica regina Teodolinda, si convertì al cattolicesimo e nel 728 le popolazioni dell'Appennino, insorsero contro l'Esarcato di Ravenna e si sottomisero a Liutprando, re dei Longobardi. In questo modo un territorio, precedentemente diviso tra Regno Longobardo ed Impero d'Oriente, divenne unico, favorendo l'opera di evangelizzazione nelle montagne di Modena e Reggio.

Le prime chiese nacquero nella seconda metà del VII secolo e furono le fondamenta per le future Pievi.

Le Pievi erano chiese madri di un determinato territorio, provviste di battistero cui erano soggette le chiese sottoposte (ecclesiae) e le cappelle sfornite di fonte battesimale, situate nei vari villaggi. Avevano diritto alle decime e ad altri tributi ma a loro volta dovevano pagare tasse al Vescovo. Inizialmente i sacerdoti vivevano nelle Pievi e da lì si portavano delle varie chiese o cappelle periferiche per esercitare il proprio ministero. Successivamente, per la distanza, per il numero dei fedeli, per le particolari condizioni locali, i preti furono delegati ad amministrare i sacramenti e a risiedere nei villaggi e le diverse cappelle ebbero un loro rettore stabile e si trasformarono in parrocchie autonome. Si ritiene che questo fenomeno nella Valle del Dragone abbia avuto inizio nel IX-X secolo. La nomina del parroco generalmente avveniva dopo aver consultato i parrocchiani circa le loro preferenze. Se la persona indicata non era prete poteva essere ordinata pubblicamente dopo avere accertato le sue conoscenze sul Simbolo apostolico, la liturgia, i libri penitenziali e doveva saper leggere e commentare le scritture.

 

La Pieve più antica nella Valle del Secchia probabilmente fu la Pieve di S. Vitale di Carpineti (detta "de Verabulo") dalla quale poi possono essersi originate tutte le altre.

 

 

 

La Pieve di Rubbiano


Approfondimenti

 

I documenti che si riferiscono alla Pieve di Rubbiano sono tra gli autentici più antichi esistenti nella nostra diocesi e sono conservati nella Biblioteca Capitolare.

Nel primo documento, datato 13 aprile 882, il vescovo di Modena Leodoino nomina arciprete di Rubbiano il sacerdote Giorgio. Si legge inoltre che la Pieve era rovinata e cadente e che necessitava di importanti lavori di ristrutturazione.

E' chiaro che la Pieve doveva esistere già da tempo se si trovava in quelle condizioni. Ciò conferma l'ipotesi che gruppi di cristiani esistevano già da tempo nei nostri monti, probabilmente da qualche secolo, il tempo necessario per poter crescere di numero, organizzarsi, costruire un simile luogo di culto.

Il vescovo incaricò l'arciprete Giorgio di eseguire le necessarie opere di riparazione oltre all'impegno di conservare la Chiesa in ottimo stato e di tenere scuola per l'educazione dei fanciulli. Giorgio però non riparò la vecchia e cadente Pieve che venne poi riedificata nel X secolo, forse dall'arciprete Sileberto.

Nel secondo documento, datato 27 maggio 908, si legge che alcuni sacerdoti e laici della Pieve di Rubbiano si presentarono al Sinodo diocesano lamentando che la Pieve era in rovina e senza arciprete. Viene nominato arciprete il sacerdote Sileberto.

Il documento è firmato, oltre che da altri, anche dal nuovo arciprete: ben poche parrocchie possono vantare l'esistenza della firma autografa del proprio parroco di più di 1000 anni fa!

La Pieve di Rubbiano verso la fine del VIII secolo aveva sicuramente tre cappelle dipendenti: S. Maria Assunta di Polinago, S. Giulia nei Monti e S. Maria di Frassinoro (dalla quale ebbe poi origine successivamente il monastero di Frassinoro).

Alla fine del IX secolo la Pieve di Rubbiano doveva godere di una certa importanza sia per l'estensione del territorio che per il numero di cappelle filiali.

 

Nel X secolo la chiesa di Polinago fu eretta a Pieve.

 

Nel XII secolo ebbe il titolo di Pieve la chiesa di S. Giulia dei Monti (Monchio), già dipendente dalla Pieve di Polinago, con giurisdizione sulle parrocchie di Morano, S. Vitale, Costrignano (S. Simone e S. Margherita), Susano, Palagano (S. Stefano) e Boccassuolo.

 

Nel febbraio del 1029 l'arciprete Martino, il fratello Anselmo detto Anesprando, la moglie di Anselmo, Maria, e il chierico Benedetto del fu Stefano da Rubbiano, tutti uomini liberi secondo la legge romana, donarono i loro beni al vescovo Ingone e alla Chiesa di S. Geminiano di Modena con atto del notaio Oddone redatto nella Pieve di S. Maria in Rubbiano. Questi beni erano situati nel plebanato, o territorio, di Rubbiano ed in particolare in Casanova, La Rupina, Valcasera, Monte Maiore, Monte Modivo, La Valle di Guinodo, Costrignano e Boccassuolo.

 

Boccassuolo, appartenente alla Corte di Medola, dipese dalla Pieve di Rubbiano fino al XII-XIII secolo, quando fu aggregato alla nuova Pieve dei Monti.

La Pieve dei Monti aveva giurisdizione su sette chiese: S. Simone di Costrignano, S. Margherita di Costrignano, S. Martino di Susano, S. Stefano di Palagano, S. Apollinare di Boccassuolo sottratte alla Pieve di Rubbiano; S. Vitale dei Monti e S. Pietro di Morano sottratte alla Pieve di Polinago. Restarono alla Pieve di Rubbiano sulla destra del Dragone solo tre chiese: S. Lorenzo di Palagano, S. Giovanni Evangelista di Palagano e S. Geminiano di Savoniero.

 

Nel 1316 Il chericato di S. Apollinare di Boccassuolo viene dato in possesso dal prete di Susano, su ordine del vescovo di Modena Buonincontro da Fiorano, a Ugolino di Talbignano.

 

In seguito alla lavina del 1619, che portò alla distruzione pressoché completa di Medola, Vetta e le borgate circostanti, che fino ad allora avevano fatto parte della Parrocchia di S. Michele in Medola, vennero aggregate "in perpetuo" alla Parrocchia di S. Apollinare di Boccassuolo.

 

 

 

 

Chiese parrocchiali di Boccassuolo


Il più antico documento in cui si cita Boccassuolo come parrocchia autonoma con un proprio rettore risale, come si è detto, all'anno 1316, e già in quell'anno era dedicata a S. Apollinare.

 

Don Gaetano Sola, parroco di Boccassuolo dal 1927 al 1972, cercò di risalirne alle origini (da "Memorie ms. da Sola d. Gaetano sulla parrocchia di S. Apollinare V. e M. in Boccassuolo", 1930):

"Parlando della Chiesa parrocchiale di S. Apollinare di Boccassuolo nella sua origine ben poco si può dire perché i documenti mancano (...) però possiamo subito notare quello che il popolo tradizionalmente porta di generazione in generazione colla viva parola e da ciò dobbiamo concludere che in Boccassuolo vi furono almeno tre Chiese parrocchiali e per meglio distinguerle tra loro le chiameremo: la prima 'antichissima', la seconda 'antica' e l'attuale la chiameremo 'nuova', dando a detta tradizione popolare quel peso che merita, se non si può affermare con certezza, non si può neppure rigettarla affatto.

 

Chiesa antichissima.

Della Chiesa parrocchiale antichissima, da quello che il popolo ci narra, fu probabilmente la prima che servì da parrocchiale col titolo di S. Apollinare fin dal 900. Era situata sul beneficio parrochiale (...) nel luogo detto 'Canevare' o 'De Profundis' perché vi profondò la Chiesa oppure perché nei primi tempi passandovi con la processione delle rogazioni vi si recitava il De profundis (...). La lavina del 900 che si staccò dal Cantiere estendendosi dai Cingi a Ca' della Badina in quel di Cargedolo travolse tutto trascinando quanto potè giù pel torrente Dragone ed il resto rimase sepolto nelle viscere della terra. Le popolazioni si rifugiarono dove poterono. Sappiamo dalla tradizione popolare che a Boccassuolo avevano trovato posto a nord-ovest della grotta dell'attuale campanile e vi rimasero anche dopo cessato il flagello della frana. Con la Chiesa rimasero pure sepolte le campanette che non potevano essere di grande dimensione ed il medesimo volgo vuole che ivi ci sia una campana piena di marenghi d'oro perché in quel posto non si ferma mai la neve anche quando nevica molto.

Colla gola di questo tesoro e per trovare le campane in tempo addietro furono fatti grandi scavi, si trovò dei muri fatti di calce, ma le campane e il tesoro nulla. Sempre nel medesimo luogo si trovarono pure salme di defunti sepolte perché, come usava anticamente, i morti venivano sotterrati entro ed attorno la Chiesa.

 

Chiesa antica ("Chiesa vecchia").

Circa l'anno 1000, come vuole la tradizione popolare, venne costruita l'antica Chiesa, essendo che la parrocchia era rimasta senza Chiesa dopo che la lavina aveva sepolto la Chiesa antichissima e frattanto aveva servito da Chiesa un oratorio sito nel luogo ove venne costruita la medesima Chiesa parrocchiale. I vecchi dicono che donna Matilde di Canossa dopo avere costruito il monastero di Frassinoro lo arricchì e al medesimo assoggettò tutte le terre circostanti (...) e Boccassuolo pure fece parte di queste terre soggette a Frassinoro. La Chiesa pure di Boccassuolo fu abbellita dalla stessa benefattrice.

I vecchi boccassuolesi che ricordano d'aver visto in piedi la Chiesa vecchia dicono che all'esterno era tutta fatta di pietre quadrate e bellamente picchiate tanto la facciata come i muri laterali. Infatti scavando attorno ai ruderi di detta Chiesa per fare lo spurgo del vecchio sagrato che servì da cimitero, sono state scoperte le fondamenta fatte di queste pietre quadrate tutte picchiate come proprio usava fare la grande Contessa Matilde.

Tale Chiesa misurava, (...) nel 1862 quando fu soppressa, m. 21,90 in lunghezza e m. 10,60 in larghezza, la facciata poi misurava m. 7,55 essendo alquanto più stretta come risulta dalla pianta rilevata dai ruderi delle fondamenta che tuttora esistono. Nell'interno, circa a metà, era divisa da una specie di balaustrata in legno segnando così la separazione degli uomini dalle donne. Vi si trovano due confessionali, gli attuali che ancora si trovano nella nuova Chiesa parrocchiale, nella parte sinistra quello del parroco, a destra quello del cappellano e sopra a quest'ultimo eravi il pulpito con apposita scaletta (...).

Non sappiamo in quale anno fu prolungata, perché il popolo asserisce che fu fatta un'aggiunta. Infatti nel muro che tuttora vediamo alto m. 1,30 si osserva dalla parte del nord si vede benissimo il confine del muro nuovo col vecchio non essendo affatto l'uno incastonato con l'altro, poi uno fatto con materiale scelto l'altro con materiale ordinario ed inferiore assai. La parte aggiunta comprendeva il presbitero, il coro per la lunghezza di m. 7,35 da formare in tutto la lunghezza di m.21,90 (...).

I parrocchiani pure asseriscono che tale Chiesa fu consacrata, ma l'anno nessuno mi ha saputo indicarlo però il giorno lo assicurano: 9 giugno.

(...) Il suo pavimento era fatto di pietre naturali, il suo soffitto di tavole di legno lisciate e colorite di forma piatta. Gli uomini entravano in Chiesa per una porta laterale a mezzogiorno ed occupavano la parte superiore ed il coro mentre le donne entravano nel sagrato dal cancelletto a levante e per la porta maggiore e occupavano la parte anteriore della stessa parrocchiale.

Da quando si può sapere dai vecchi parrocchiani che vi furono a Messa e dagli scritti esistenti in codesto archivio parrocchiale, eravi tre altari: l'Altare maggiore dedicato al Patrono e Titolare nostro S. Apollinare V. M., l'altare detto della B. V. della Neve (...), il terzo era dedicato alla B. V. del Rosario.

Il popolo ricorda (...) che i soldati francesi all'inizio del secolo passato arrivati a Boccassuolo trovarono (l'immagine) dell'Addolorata adorna di regali che la pietà dei fedeli aveva offerto. La spogliarono tosto, profanando e seppellendo nell'attiguo cimitero la sacra immagine.

L'antica chiesa parrocchiale dato il terreno poco stabile fu spesso soggetta a varie lesioni e i parroci dovettero spesso ripararla spendendovi molto lavoro e denaro quantunque era poi sempre nel medesimo stato di deperimento continuo.

Tale Chiesa fu ufficiata fino all'anno 1862, indi fu sospesa perché cadente con atto di Mons. Cugini, Arcivescovo di Modena, del 29 agosto 1862.

Ancor oggi c'è chi afferma che la costruzione della Chiesa Vecchia risalirebbe al 1014. Questo signore, infatti, ricorda: 'Ero bambino e mio bisnonno fece una casetta. Il vecchio parroco gli diede un sottoporta che era appartenuto alla Chiesa antica. Mio bisnonno mi disse di scriverci sopra una data: il 1014, affermando che quel sottoporta risaliva al 1014, quando fu fatta la Chiesa vecchia. E io ci scrissi 1014 col mazzuolo e la punta'.

Attigua alla canonica eravi appoggiata una casa di assai recente costruzione (...). Tale casa serviva per uso del popolo, detta casa del comune, perché comune a tutti i parrocchiani i quali vi si fermavano prima delle sacre funzioni e dopo, in tempo di pioggia, nell'inverno specialmente, così potevano essere riparati senza aver bisogno di andare a chiacchierare in Chiesa oppure stare fuori alla pioggia ed alla neve. Detta casa venne atterrata dal parroco Rev. Don Giovanni Brugioni nel 1897 quando fabbricò l'attuale casa colonica".

 

Il 26 febbraio 1928 Don Gaetano Sola chiese al Vescovo di Modena l'autorizzazione per procedere alla riesumazione dei resti delle salme sepolte nel cimitero che si trovava accanto alla demolita "Chiesa Vecchia", non più utilizzato da 34 anni. Il lavoro sarebbe stato eseguito dalla popolazione a patto che il terreno su cui sorgeva il vecchio cimitero restasse al benificio parrocchiale. I resti delle salme sarebbero stati posti in una tomba comune nella cappella del nuovo cimitero avendo già ottenuto il permesso dal Podestà di Montefiorino. Il 7 marzo 1928 il Vescovo concedeva l'autorizzazione. La riesumazione delle salme avvenne tra febbraio e aprile 1930.

 

Chiesa nuova.

Verso la metà del 1800 la "Chiesa Vecchia" era in uno stato di avanzato degrado.

In occasione della Prima Visita Pastorale dell'Arcivescovo di Modena, mons. Cugini, il 20 luglio 1857, furono consegnati al parroco di Boccassuolo, don Antonio Guigli, 16 decreti in cui si chiedeva di riparare "colla maggior sollecitudine" la canonica, varie parti della Chiesa e regolarizzare lo stato dei registri parrocchiali. Don Guigli probabilmente era più orientato alla costruzione di una nuova Chiesa che alla riparazione della vecchia, cosa, peraltro, già tentata varie volte con scarsi successi. Già dal 1853 si era cercato un terreno idoneo alla costruzione della nuova Chiesa.

Il 5 luglio di quell'anno il perito Galvani Pietro stimò un luogo "nel centro della terra di Boccassuolo negli orti dei Casolari, dei Bertogli, dei Severi e di altri, in tutto are 09=50=29 pari a lire modenesi 1988.10", ma successivamente venne scartato perché troppo paludoso e poco stabile.

 

Don Gaetano Sola scrisse: "Furono iniziati i lavori di spianamento e fondazioni nella 'Paterza', sopra la vecchia Chiesa, ove si voleva dalla maggioranza sorgesse la nuova Chiesa, ma trovato il luogo poco stabile fu pure abbandonato con rincrescimento di molti. Vennero gli ingenieri ed assaggiati i terreni in molti luoghi qua e là cominciando dalla Villa e su su vennero a finire nel Prato da Lama (o dei Lami) ove fu poi costruita perché solo lì fu trovato il terreno stabile e fermo quantunque la maggioranza fosse contraria perché fuori dal centro e lontana dai più.

Alla Villa il terreno cavernoso non permetteva stabilità alla grande fabbrica e di più il proprietario (...) Claudio Pighetti temeva dei danni alla campagna quando vi fosse stata la chiesa a causa della popolazione che vi accede e concluse col dire: 'E' bene che facciano la Chiesa su a Boccassuolo così perderanno Messa un po' anche loro', volendo arrivare ad esprimere che i vicini più facilmente perdono la Messa.

Furono fatti gli assaggi negli orti dei Casolari e Bertogli (...) ma abbandonati perché paludosi e niente affatto stabili. Intendevano scegliere il luogo di S. Rocco ma lì pure v'erano paludi ed acque. Avevano pensato di comprare e abbattere le case dei Galvani attaccate alla grotta, ché lì il terreno è veramente stabile, ma sia per la spesa che incontravano che per il luogo assai ristretto, anche per orientare bene la Chiesa, esso pure fu abbandonato e scelsero finalmente il Prato da Lama dove il parere degli ingenieri aveva dato la maggiore fiducia che il lavoro riuscisse stabile e duraturo ed anche in posto libero.

La decisione di fare la Chiesa nel Prato da Lama incontrò la disapprovazione di tutti quelli del basso perché riusciva loro più scomoda e più lontana. Ci volle del tempo e delle minacce perché si persuadessero a dare aiuto e offerte a detta costruzione. Una prova sono le molte lettere inviate dall'autorità ecclesiastica al parroco, e parecchie di esse esistono tuttora nell'archivio di questa parrocchiale e se Mons. Arcivescovo e il Duca di Modena non avessero concorso largamente sarebbe stato impossibile ad una parrocchia di 500 anime e povere condurre a termine una fabbrica così grandiosa e colossale nei suoi muri e nella sua robustezza".

 

Nel 1857 la Curia Arcivescovile di Modena scrisse al parroco di Boccassuolo: "Vista la relazione del sig. Ingeniere Montanini e prese le più accurate informazioni e persuasi che la località disegnata dal Montanini stesso è quella che offre minori difficoltà, stabiliamo che la nuova chiesa parrocchiale di Boccassuolo abbia a costruirsi nella parte superiore del caseggiato di Boccassuolo e precisamente nel luogo detto Prato da Lama di ragione dei fratelli Lenzotti. Il nostro Vicario Generale farà conoscere al V. For. di Frassinoro e al parroco di Boccassuolo questa nostra determinazione perché senza ulteriori dilazioni si proceda a quanto occorre per l'esecuzione".

Una parte della popolazione però era contraria alla costruzione della nuova Chiesa nel luogo che era stato stabilito tanto che il 1 maggio 1858 la Cancelleria Arcivescovile di Modena inviò al parroco di Boccassuolo una lettera in cui si legge: "Per ordine superiore trascrivo verbalmente la determinazione emessa da S. Ecc. Rev.ma il 20 aprile p.s. intorno al posto della nuova chiesa di codesta Parr.a. (...) E' attergata ad una istanza sottosegnata da vari Parrocchiani che ottavano per la località della Chiesa Vecchia. Essendosi già maturamente abbastanza discussa la pendenza ed avendo una buona parte della popolazione manifestato il proprio voto, e quel che più concorrendovi dopo accurate ispezioni il voto dei periti, ai quali non possiamo non prestare intima fede (...) che tolte le lunghe incertezze in qualche modo pure si sovvenga al bisogno dell'erezione di una nuova Chiesa il che è ancora nella decisa intenzione del Piissimo Sovrano che con generosa munificenza concorre all'opera e l'ha a noi raccomandata, non possiamo recedere dal decretato e perciò caldamente inculchiamo ai riccorrenti di sottomettersi a quanto è stato stabilito".

 

Don Gaetano Sola: "Certamente il lavoro di sterro e spianamento, procurare sassi, sabbia avrà (..) cominciato nella primavera del 1858 e questo ne fanno prova i documenti".

 

Il 29 ottobre 1858 il Duca di Modena metteva a disposizione, per la costruzione della nuova chiesa, tramite l'ex-caporale delle miniere Bartolomeo Pini di Toggiano, tutto il legname che si trovava nella "galleria lunga vicino al Dragone".

 

Varie persone continuarono ad ostacolare il progetto anche negli anni successivi e il 5 febbraio 1859 la Curia Arcivescovile di Modena scrisse al parroco di Boccassuolo don A. Guigli: "Bene soddisfatti che più il lavoro di codesta chiesa progredisce più s'abbiano argomenti a ritenere solido il terreno prescelto. Abbiamo appreso con rincrescimento che vari parrocchiani suoi non apprezzino il loro dovere e rifiutino il loro volontario a si bella e necessaria opera. Ella però non smetta di esortarli di nuovo, si limiti nel lavoro a ciò che sia strettamente richiesto dalla necessità perché il lavoro riesca solido e decente e nel caso di perduranza nel rifiuto ne faccia nuovo reclamo e saranno da noi prese le necessarie disposizioni per conseguire col ministero dell'autorità quanto dovrebbe esser dato dall'animo volenteroso e spontaneo. (...).".

 

Il 3 aprile 1859 don A. Guigli scrisse alla comunità di Pievepelago una lettera che ci aiuta a comprendere ulteriormente il clima che si era creato tra la popolazione:

"Ill. signore

Boccassuolo 3 aprile 1859.

Sono persuaso che sarà stata fatta la seduta in riguardo della supplica umiliata a cotesto ill.mo Potestà. Avranno la compiacenza di notificare al presente Agostino Pacchiarini il risultato della medesima.

Nuovamente supplico la S. V. a volersi degnare a somministrarvi quanti più soldi possono, perché a cagione di questi miei parrocchiani ostinati ci convien pagare anche le opere di manualanza.

Tanto le partecipo e di tanto la prego nel confermarmi della S.V.".

Umil.mo servitore

D. Antonio Guigli Re

 

La risposta fu la seguente:

"Per la legna da fare calce e le antenne si è dimandata la superiore approvazione (...). Per la somma dimandata il decreto della seduta è stato notificato al Sig.re Rettore con lettera apposita, la quale forse non è stata ancora consegnata, ma il cursore dice d'averla spedita."

 

Finalmente, il 4 ottobre 1859, don Antonio Guigli, all'età di 69 anni, posò la prima pietra nell'angolo settentrionale della facciata della attuale chiesa parrocchiale. Assieme alla prima pietra furono murate anche alcune monete del tempo.

 

Nonostante la posa della prima pietra le discordie tra i parrocchiani non si appianarono del tutto e il 20 ottobre 1859 la Cancelleria Arcivescovile di Modena inviò una nuova lettera il cui tono appare più deciso: "Dacchè sarebbe impossibile cambiare località a codesta Chiesa e il luogo prescelto sì destinato per autorità superiore, è rinvenuto comodo alla generalità, e ciò che sommamente importa vieppiù solido, non rimane che di piegare i renitenti a concorrere ad un opera che riesce pure ad essi necessaria. E quando non valgono i buoni consigli e diretti di V.S. e indiretti di influenti intermediari, Ella si rivolgerà alla Comunità per ottenere che i trasporti, le manualanze e quelle opere che deve prestare la popolazione siano da tutti prestate egualmente e per ordine di autorità rispetto ai renitenti. Ho persuasione che la Comunità accolga l'indirizzo che Ella, dove sia d'uopo le presenterà, e anche così si possa procedere al compimento di quest'opera necessaria".

 

Nel 1862 l'Arcivescovo di Modena stabilì che: "Resta sospesa col 1° settembre p.v. la vecchia chiesa parrocchiale di Boccassuolo e viene interdetta nella medesima qualunque religiosa funzione; Si procederà tosto alla demolizione di detta Chiesa i cui materiali serviranno pel compimento della nuova; Fino a tanto che non potrà essere officiata la novella Chiesa le funzioni parrocchiali si eserciteranno nel pubblico oratorio dedicato a S. Rocco che trovasi in quella parrocchia".

 

Don Sola scrive: "Narra la popolazione che per sgomberare la vecchia Chiesa vi fu da fare, sempre a causa dei renitenti, e si dovette sgomberare di sera e portare i mobili e gli arredi sacri in S. Rocco e le due campane sulla grotta ove trovasi attualmente il campanile".

 

Le volte della Chiesa furono costruite utilizzando il tufo, trasportato a piedi nelle "bisačč da coll" (due sacche portate una dietro ed una davanti, sulle spalle), proveniente dalla zona di Roncopezzuolo (sopra a Palagano).

 

Il giorno di S. Apollinare, 23 luglio, dell'anno 1865 il parroco don Antonio Guigli, all'età di 75 anni, su ordine dell'Arcivescovo, poté benedire al culto divino il nuovo Tempio e celebrarvi la prima S. Messa.

 

Nel 1902 venne posta sulla facciata della Chiesa una lapide con la seguente dicitura:

 

Questo tempio che a maggior gloria di Dio

il popolo e il parroco di Boccassuolo

D. Antonio Guigli

eressero dalle fondamenta

con offerte di più benefattori nel 1859

venne solennemente benedetto e sacrato al culto cattolico

nel 23 luglio 1865

Oggi si pose questa memoria

ad attestare ai posteri la pietà degli avi e la munificenza

1902 G.G.

 

Nel 1913 fu "ribassato il piazzale sagrato della Chiesa" e costruito il muro di cinta ed i gradini davanti alla porta maggiore.

 

Nel 1920 fu inaugurato il nuovo Altare Maggiore in marmo di vari colori costruito a Pisa (costò 8.000 lire Italiane). L'altare fu trasportato da Sassatella a Boccassuolo a spalla da volontari.

Il 5 settembre venne inaugurato il monumento ai caduti nella I guerra mondiale.

La Chiesa subì danni in seguito al terremoto del 6 e 7 settembre. In una perizia eseguita dallo Studio Tecnico Ing. A. Vecchi di Modena si legge: "La Chiesa Parrocchiale di Boccassuolo ha subito gravi danni in seguito al terremoto del 6-7 settembre 1920, per riparare i quali, col contributo governativo, fu redatta una perizia a firma ing. Adolfo Vecchi, che vistata dall'ufficio del Genio Civile di Modena (...) in data 5 luglio 1922 ottenne la regolare approvazione del ministero dei LL. PP.".

In tale perizia si legge che il tetto andava riparato in molti punti, che due volte all'interno della chiesa andavano abbattute e rifatte e le altre necessitavano della riparazione dell'intonaco; era necessario rinforzare i muri posizionando delle catene longitudinali all'interno della navata principale ed infine rifare gran parte dell'intonaco interno danneggiato dalla infiltrazione delle acque piovane.

"Iniziatisi i lavori si è però riscontrata la necessità, anche per consiglio dei funzionari dell'Ufficio del genio Civile, di maggiori dimensioni nelle catene di ferro previste, ed inoltre che la perizia approvata era alquanto scarsa nelle previsioni per la quantità delle lesioni da ripararsi, del coperto da rifarsi e soprattutto nella imbiancatura, ed inoltre per i prezzi assegnati a certe categorie di lavori, prezzi che si potevano ritenere giusti in condizioni normali, ma insufficienti per questa speciale costruzione; per il che si ritiene indispensabile una perizia suppletiva."

Il Genio civile alla fine concorse alla riparazione della Chiesa e Canonica con un contributo di £. 13.000.

 

In occasione della consacrazione, 21 agosto 1928, "venne restaurata la Chiesa all'esterno (...) ed importò la somma di £ 4000.50, venne poi riparato anche il tetto. Quando la Chiesa venne consacrata fu anche elevata a prevostura".

 

Negli anni 1980, parroco padre Antonio Capitanio, la chiesa parrocchiale è stata completamente decorata all'interno dall'artista bergamasco Radaelli Carlo.

 

 

Reliquie


Nella Chiesa Parrocchiale sono conservate diverse Reliquie.

Della maggioranza è nota la data di concessione, ed in particolare:

Reliquia di S. Apollinare V. e M: concessa il 29 maggio 1685 dai Frati Minori Osservanti della chiesa di S. Girolamo in Forlì; l'11 luglio del 1929 venne tolta dal vecchio reliquario di legno ormai logoro e posta in un nuovo reliquario in argento.

Reliquia della terra ove abitò la beat.ma vergine Maria: concessa il 25 febbraio 1740 dal Card. Alessandro Albani Abate di Nonantola.

Reliquia di S. Matteo apostolo ed Evangelista: concessa il 2 giugno 1757 da Mons. Domenico Paltri, vescovo di Samminiato di Toscana.

Reliquia della Santa Croce: concessa il 15 aprile 1761 da Mons. Simone Gritti, Arcivescovo di Tiana.

Reliquia di S. Antonio da Padova: concessa il 7 gennaio 1765 dal card. Malvezzi, Arcivescovo di Bologna.

Reliquia di S. Barnaba apostolo: concessa il 20 marzo 1767 da mons. Giuseppe Maria Fogliani.

Reliquia di S. Rocco: concessa il 30 ottobre 1767 da Mons. Gabriele Heva, Arcivescovo di Cipro.

Reliquie dei SS. MM. Stefano e Lorenzo: concesse il 9 novembre 1769 dal card. Malvezzi, Arcivescovo di Bologna.

Reliquia di S. Antonio abate: concessa il 30 agosto 1796 da Mons. Tiburzio Cortese, Arcivescovo di Modena.

Reliquia della S. Croce di N. S. Gesù Cristo: concessa il 17 aprile 1805 da Mons. Tiburzio Cortese, Arcivescovo di Modena.

Reliquie dei SS. Luigi Gonzaga, S. Tommaso d'Aquino e S. Caterina V. e M.: concesse il 26 giugno 1826 da Mons. Giuseppe Perugini, vescovo di Porfirio.

Reliquie di S. Giuseppe, S. Biagio, S. Apollonia e S. Lucia: concesse l'8 giugno 1828 da mons. Perugini.

Reliquie dei SS. Apostoli Pietro e Paolo e di S. Andrea Avellino: concesse il 16 gennaio 1834 da mons. Caleffi, Arcivescovo di Modena.

Reliquia della B. V. Maria: concessa il 15 novembre 1849 da mons. Luigi Ferrari, Arcivescovo di Modena.

Reliquie di S. Gioacchino, S. Geminiano, S. Giovanni Ev., S. Marco Ev., S. Luca Ev., S. Tommaso Ap., S. Bartolomeo Ap., S. Filippo Ap., S. Andrea Ap., S. Giacomo Ap., S. Mattia Ap., S. Francesco d'Assisi: concesse il 17 luglio 1885 da mons. Guidelli.

Reliquie di S. Felicissimo e S. Olimpio: concesse da mons. Masdoni Lodovico.

Reliquie di S. Vincenzo e S. Magno: concesse da Mons. Ettore Molza.

 

 

 

 

Organo a canne


Nell'archivo della Curia Arcivescovile di Modena, nella relazione del 1792 (Cap. I, part. II, n. 1), si legge che nella chiesa parrocchiale di Boccassuolo "Non v'è organo".

Infatti l'organo a canne, collocato in cantoria sopra la porta d'ingresso della chiesa, fu costruito nel 1887 dai fratelli Battani di Frassinoro, allievi di d. Tommaso Piacentini.

L'organo fu donato da don Leopoldo Tognarelli mentre la tribuna e l'incasso furono a carico della popolazione.

Si tratta di un organo a tastiera singola e pedaliera cromatica costituito da 954 canne e 21 registri. La tastiera è a 58 tasti costruita in pero con copertura in osso ed ebano; la pedaliera "a leggio" e formata da 20 tasti più i pedali per terza mano e rullo. La cassa lignea addossata al muro è decorata da fregi intagliati ed è stata ridipinta a tempera nel 1987 dal Carlo Radaelli, pittore bergamasco che in quegli anni ridecorò tutta la chiesa.

 

Don Sola scriveva:

"... nel 1887 il cappellano don Leopoldo Tognarelli aiutato da più benefattori costruì l'attuale organo servendosi della ditta Battani di Frassinoro, cioè Antonio e figli Giuseppe e Giusuè e tuttora si conserva assai bene dato che costruito con materiale scelto e ben stagionato mentre altri più recenti fecero poca durata. Importò la somma di Lire Italiane L. 2400 esclusa la tribuna.".

 

Su Il Monatanaro (periodico di Pievepelago) del 15 settembre 1887 apparve il seguente articolo firmato da M. Valcavi Luigi: "Un'altra bella prova del loro ingegno e del grande amore che portano per l'arte, l'hanno data i rinomati fratelli Antonio e Giuseppe Battani di Frassinoro nella costruzione del nuovo organo della Parrocchiale di Boccassuolo. Onorato, io sottoscritto, di collaudarlo sono ben lieto di poter rilasciare queste poche parole in testimonianza della mia piena soddisfazione. Il ripieno di questo nuovo organo, fornito di principale 16, è robusto, maestoso e dolce nello stesso tempo. Ottimi il Violoncello ed il Fagotto. I meccanismi sono prontissimi. La macchina pneumatica funziona benissimo ed alimenta ad esuberanza l'organo. La pedaliera è cromatica. Un bravo di cuore dunque agli egregi fabbricatori ed al sig. Don Leopoldo Tognarelli che a proprie spese ha fatto costruire si pregievole istrumento.".

 

Negli anni '80, è stato applicato al mantice un motore elettrico per il rifornimento di aria e l'organo è stato smontato, ripulito ed accordato. Attualmente lo strumento è in discrete condizioni e quasi tutti i registri sono completi ed accordati.

 

 

 

Campane e campanile


Campane

Nel giugno 1877 furono portate a Bologna due vecchie campane "del peso di 50 pesi" per essere rifuse dal fonditore Clemente Brighenti ed ottenere le quattro campane attuali.

Don Sola scriveva: "In quanto alla provenienza delle antiche campane riferirò ciò che il popolo dice e quello che vien detto da coloro che man mano ho l'occasione di interrogare (...). Queste due campane che per molto tempo servirono al culto Divino in questa parrocchia cambiarono molti luoghi dato le circostanze dei tempi, come vedremo: la campana più piccola venne da Lago, forse quando fu demolita e rovinata l'antica parrocchiale di Medola, si dice che era molto buona e squillante, circa l'anno 1600; l'altra campana era assai più grossa, dedicata al S. Patrono Apollinare, ma nè l'una quanto l'altra si sa di preciso quando furono fuse, la grossa asseriscono che fu fusa nella macchia del Borello sotto al Cantiere da un bandito romano, il quale con molta probabilità avrà rifuso quella o quelle campane che già esistevano, forse rotte." (...) "Come già dissi dette campane occuparono vari luoghi a seconda dei tempi e circostanze. In primo tempo furono collocate sopra ad una torretta o cornacchia sita circa a metà del muro di settentrione della stessa antica Chiesa (...). Essendosi poi logorata questa torretta furono levate e nell'anno 1826 furono collocate nello stesso muro più in su sopra la nuova sacrestia (...). Nell'anno 1826 furono (...) collocate sopra al muro esterno della nuova sagrestia e vi rimasero fino all'anno 1850 circa. Nell'anno circa 1850 caddero assieme alla cornacchia nel sottostante sagrato cimitero senza rompersi, vennero allora raccolte e collocate dietro all'abside della chiesa sopra ad un mucchio di sassi in fondo al campo detto 'Paterza" rimanendovi fino al 1862, anno in cui rovinò la Chiesa.".

"Nel settembre 1862 cominciò a servire da parrocchiale l'oratorio di S. Rocco recentemente ampliato e restaurato, allora dette campane furono collocate sopra la grotta ove trovasi l'attuale campanile.".

"Nel 23 luglio del 1865 venne aperta al culto la nuova ed attuale Chiesa parrocchiale, dette campane restarono collocate nella grotta servendo a predetta Chiesa e vi rimasero fino a che partirono per Bologna per la nuova fusione l'11 giugno 1877. Nel pomerigio di tale festa, dopo la processione vennero portate a spalle a Barigazzo. (...)."

"Nella solennità di S. Apollinare V. e M. e protettore nostro fu benedetto dal parroco D. S. Ugolini il concerto nuovo composto di tre campane, conforme alla facoltà concessa sempre da Mons. Arcivescovo come risulta dal decreto in data 11/7/1877. Nella sollenità del SS. Rosario del medesimo anno fu benedetta ed inaugurata la piccola campana che completa l'attuale quarto e la campanella che trovasi sopra la Chiesa pei segnali delle funzioni (...).".

"Nell'anno 1877 quando furono fatte le campane non furono collocate sulla grotta dove trovavansi le antiche campane bensì fu costruita una baracca nel sagrato della chiesa e vi rimasero fino all'anno 1899. Dette campane in note musicali la bemolle, si bemolle, do naturale e mi bemolle al corista di Milano pesano in tutto n. 120 1/2 pesi di Bologna e costano L. 5.290,70 depalcate.".

Nell'archivio parrocchiale è conservato il documento, risalente ai primi mesi del 1948, "Capitolato del parroco della popolazione del campanaro riguardo il servizio delle campane". In questo documento si legge:

"Le campane sono di proprietà della Chiesa, consacrate al servizio del culto Divino, alla dipendenza della autorità Ecclesiastica ed è affatto proibito servirsene a scopi politici e profani come battesimi degli illegittimi, matrimoni o funerali civili senza debita autorizzazione del Vescovo o del Parroco. Il campanaro prenderà i debiti ordini dal Parroco, riferirà in merito alle richieste che gli fossero fatte circa i servizi straordinari ed in buon accordo e d'accordo altrimenti per forza nessuno è obbligato a fare tale servizio. Salvo gravi ragioni o forza maggiore il contratto è per ogni anno, tanto da parte del Parroco che da parte del campanaro, dandone avviso un mese prima, cioè alla fine di novembre per la fine di dicembre, si ritiene continuo quando nessuno faccia osservazioni in contrario.

Il Parroco darà al campanaro le debite retribuzioni come fu sempre fatto; assieme al popolo provvederà alle spese ordinarie e straordinarie di manutenzione delle campane e del campanile, come per l'addietro il campanaro avrà la massima cura delle campane, chiuderà le finestre e la porta a chiave quando smette di suonare, specialmente la sera per evitare furti, rotture alle persiane, per la buona custodia del castello delle campane, in caso contrario sarebbe tenuto ai danni. Nulla è variato per il suono delle campane, si continua la tradizione antica sia per i giorni feriali come nelle feste e sollenità.

ll popolo darà la questua del frumento, darà pure le uova perchè spala la neve nel piazzale della Chiesa, alla porta grande e a quella degli uomini. Il campanaro per i servizi particolari riceverà dagli interessati la somma di lire 300 per i matrimoni più L. 50 pel consumo delle corde e dei danti. Per i battesimi L. 230 più . 30 per il consumo come sopra: Per le Ave Marie L. 100 più L, 50. Riceve dal Parroco per gli uffizi privati L. 10, per gli uffizi di confraternita L. 4. Se qualcuno non facesse la questua darà facoltà del campanaro di esigere di più nei vari servizi.

Per quanto sarà possibile si terrà l'ordine seguente nel suono delle campane per distinguere le sollenità maggiori, le feste ordinarie ed i giorni feriali come fu sempre fatto. Verranno suonate le campane con 4 uomini al mezzogiorno della vigilia della festa, alla sera, al mattino, alle dieci, al vespro, alle processioni quando cè nelle feste di prima classe e cioè: S. Natale, S. Geminiano, B.V. di Lourdes, S. giuseppe, Sabato Santo, Santa Pasqua, Ascensione, Pentecoste, Corpus Domini, S. Barnaba, Quarant'ore, S. Apollinare, S. Antonio di Padova, S. Luigi, S. Rocco, S. Rosario, Tutti i Santi, Immacolata Concezione.

Nelle domeniche e feste comuni dell'anno verrano suonate le quattro campane con due uomini possibilmente a mezzogiorno del sabato o vigilia, alla sera, al mattino della festa, alle dieci, al vespro; verranno pure suonate le quattro campane ogni qualvolta viene impartita la benedizione col SS. alla sera ed al mattino secondo l'uso comune; nella Novena del S. Natale, nel primo venerdì del mese, nei mercoledì di quaresima, nelle Rogazioni, nella Novena di Pentecoste, nell'onttavario del Corpus Domini e dei Morti, negli ultimi due giorni di carnevale e nei tempi delle sacre predicazioni.

Nei giorni feriali verrà suonato il doppietto con due campane alla sera e al mattino ed ogni qualvolta venga impartita la benedizione colla Reliquia di Maria V. SS., col legno della S. Croce o colla reliquia di qualche Santo e cioè nei mesi di maggio, ottobre, nella Novena della Immacolata, di S. Giuseppe, nei venerdì di quaresima , S. Antonio Abate, S. biagio, Patrocinio di s. geminiano, il 9 marzo, il 2 agosto per il Perdono, S. Lorenzo, S. Croce, 14 settembre, S. caterina, 25 novembre, S. Lucia, 13 Dicembre.

Ogni festa verrà suonata la Benedizione col SS. al vespro, tutti i giorni verrà suonato mezzogiorno, l'Ave Maria alla sera meno il Giovedì e Venerdì. L'ultima sera di carnevale alle 11 e mezza verrà suonata la campana grossa alla lunga. Al tramonto dei giorni di quaresima, meno il Venerdì, verrà suonata la "Via Crucis" colla campana piccola alla lunga. Gli uffizi verrano suonati pure alla sera ed al mattino come fu sempre fatto dando i relativi tocchi colle quattro campane e cioè: per una donna defunta 2 tocchi; per un uomo 3; per un sacerdote 4; per un Vescovo 5; per un Cardinale 6; per un Papa 7. Nelle circostanze straordinarie ed impreviste si combinerà per il meglio fra il Parroco ed il campanaro per la maggior gloria del Signore e per il bene comune.

Nella domenica 8 febbraio 1948 venne eletto a campanaro Bertogli Adolfo fu Domenico il quale alla presenza del Parroco e della Commissione accettò i patti ed il capitolato presente e tutti si sottoscrissero come segue. Ne venne consegnata una copia al campanaro, un'altra rimase nell'archivio parrocchiale, una terza a Guigli Luigi fu Francesco della Lisandra".

 

Il Parroco Sola D. Gaetano Prevosto

Il Campanaro Bertogli Adolfo

La Commissione: Mingucci Giovanni, Digani Ilario,

Ugolini Giovanni, Pacchiarini Celso, Guigli Luigi,

Pighetti Pietro fu Domenico, Lenzotti Eliseo

 

 

Campanile

"Nell'anno 1880 furono fatte sottoscrizioni e fu iniziato il campanile sulla grotta di proprietà del sig. Sabatini di Modena. Prima però di cominciare il lavoro il parroco don Samuele Ugolini col Guigli Giovanni di S. Dalmazio si presentarono a Modena dal suddetto sig. Sabatini ad esporre il loro desiderio di costruire sulla grotta di sua proprietà il nuovo campanile per avere il luogo ed il permesso, e detto signore cordialmente li trattò e volle fare un atto di generosità alla Chiesa regalandole non solo il posto del costruendo campanile ma tutta l'intera grotta ove anticamente sorgeva la torre feudale.".

Della presenza di una Torre a Boccassuolo (talvolta detto Castello) si trova testimonianza nella lettera da Perugia di Papa Innocenzo IV (25 ottobre 1252). In quest'epoca la Torre di Boccassuolo venne fortificata per tutelare i confini orientali delle terre della Badia di Frassinoro. Questa lettera papale autorizzava a vendere il Castello di Levizzano con annessi diritti feudali, onoranze, giurisdizioni e pertinenze, e l'Abate Rainiero con il ricavato di tale vendita (che andò al nobile Bonifacio da Fogliano, nipote dello stesso Innocenzo IV e fratello del Vescovo di Reggio, Guglielmo) oltre a nuove opere attorno al fortilizio di Medola, provvide a fortificare le rocche di Boccassuolo, Costrignano, Susano e Palagano. Nel 1270 podestà della Torre di Boccassuolo fu Ermannino da Spezzano, dottore in legge, che seppe tenere in mano la difficile situazione in un periodo di lotte tra Guelfi (i Mentegarullo) e i Ghibellini (i Montecuccolo).

Riprendiamo quanto scrisse don Sola:

"Il rettore don Samuele Ugolini oriundo di Pianorso (...) essendo suo padre alle dipendenze del Duca di Modena aveva una certa stima presso la corte e quando fuse le nuove campane, narrano i parrocchiani di Boccassuolo ed anche l'arciprete di Palagano don Domenico Bortolotti, andò alla corte del'ex Duca di Modena in Austria ed ottenne una generosa offerta, dato che il Duca di Modena aveva una certa predilezione pei Boccassuolesi, ed anche quando costruirono la Chiesa l'offerta del duca fu delle prime. (...).".

"Il campanile fu cominciato ma non terminato dato che il parroco ebbe noie e fastidi da parte di qualche parrocchiano ed allora divisi gli animi il lavoro si fermò e nell'anno 1884 il d. Ugolini rinunziò alla parrocchia e fu traslato a Susano dopo anni 13 di parroccato a Boccassuolo, partì nel mese di marzo 1884. Nel detto mese di marzo fu nominato economo il capellano D. Leopoldo Tognarelli fino al mese di giugno nel qual tempo fu nominato parroco d. Giuseppe Gandolfi di Montegibbio e negli anni quattro che rimase qui il campanile rimase fermo. (...). Nel novembre del 1888 il rettore don Gandolfi abbandonò egli pure questa parrocchia, con grande dispiacere di tutti, a causa di pochi che lo perseguitavano. (...). Dal novembre 1888 al maggio 1889 fu di nuovo economo il cappellano benemerito don Leopoldo Tognarelli e dopo nominato rettore parroco D. Giovanni Brugioni di Fiumalbo (...). Il parroco don Brugioni proseguì la costruzione del campanile incominciata da don Ugolini e nel 1897 le campane furono collocate nella loro cella campanaria ove attualmente si trovano (...).".

"Nell'aprile del 1928 vennero preparati travi per ricambiare in parte i legni del travaglio del campanile marciti a causa delle paurose bufere di neve ed acqua a cui era troppo esposta la cella campanaria mancante di serrande (...). Così il Sabato Santo si potè suonare il quarto liberamente senza paura di far cadere le campane e di far del male a qualcuno.".

Nell'arco di trent'anni i legni del castello del campanile vennero cambiati due o tre volte.

"Nel 1929 furono fatte le quattro persiane del campanile e riparata la guglia dai fratelli Digani di Giovanni compresa la collocazione importarono £. 3597.30. Concorsero a tale spesa le casse dei confratelli, delle consorelle ed il popolo tutto.".

Negli anni '80 si è provveduto all'installazione di un impianto elettrico per far suonare le campane mantenendo, tuttavia, la possibilità di suonarle a mano sia ferme che a distesa. E' stata anche rivestita la guglia, installata l'illuminazione del campanile e nel 1993 ricostruito il sentiero che sale lungo la grotta.

 

 

Oratori e Maestà


S. Rocco.

Don Sola scrive che "Il 2 settembre 1855 i Boccasuolesi ed il Parroco d. A. Guigli decretarono di abbattere l'antico oratorio di S. Rocco ed ampliarlo apportandogli maggior decoro e splendore."

Nell'archivio Parrochiale è conservato un documento datato 2 settembre 1855 in cui si conferisce l'incarico di riedificazione dell'Oratorio a Giovanni Cavani di Pievepelago in cui si legge: "Il qui sottoscritto (...) Giovanni Cavani di Pievepelago capo Maestro Muratore si obbliga ed assume l'incarico di riedificare nel modo e maniera già indicatagli dalli (...) incaricati da tutta la popolazione di Boccassuolo l'Oratorio esistente in detto luogo (...) sotto il titolo di S. Rocco e di eseguire il lavoro da uomo probo e da bene ed anzi di uniformarsi ai consigli degli assistenti di mano in mano che si presentano. (...) Si obbliga di eseguire il lavoro in quella maniera che comporta la sua arte e maestria (...)."

Da ciò si presume che doveva esistere in Boccassuolo un oratorio dedicato a S. Rocco precedente all'attuale che risale appunto al 1855, come si legge nella lapide posta sopra l'ingresso:

 

I Boccassuolesi

per essere stati liberati dal colera

nel 1855

questo oratorio eressero a onore di S. Rocco

oggi sempre memori di grazia ricevuta

uniti all'attuale parroco

questa lapide pongono

Addì 1 gennaio 1907

 

Negli anni 1980 il parrocco padre Antonio Capitanio ha provveduto alla decorazione interna, all'installazione di un impianto di riscaldamento ed al rifacimento di quello elettrico.

 

Maria V. SS Immacolata (Casa Guiglia)

"Nell'anno 1932 le famiglie Balducchi di casa Guiglia ampliarono il loro oratorio già costruito nel 188(?) dal proprietario Marchetti Pietro e secondo il suo desiderio lo ridussero adatto per celebrarvi la S. Messa e nel giorno 28 giugno 1932 fu benedetto dal parroco don Sola per delega di Monsignor Arcivescovo Bussolari ed il giorno 29 festa dei SS. apostoli Petro e Paolo vennero celebrate due S. Messe alle 6 ed alle 11 la solenne" (Inventario 1927).

 

Don Gaetano Sola, il 19 luglio 1933, già in possesso del permesso di Mons. Arcivescovo di Modena datato il 7 luglio, chiese al Padre Guardiano del Convento di S. Cataldo di Modena la disponibilità ad erigere le 14 stazioni della Via Crucis nell'Oratorio di Maria V. SS. Immacolata di Casa Guiglia.

Il 15 Agosto, da S. Cataldo, giunse la risposta affermativa.