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San Pellegrino in Alpe tra leggenda e storia


Articolo pubblicato su la Luna nuova, numero 45 (ottobre 2014)

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di Danilo Morini

In prossimità del punto ove si incrociano i confini delle province di Lucca, Modena e Reggio Emilia, con i rispettivi comuni di Castiglione di Garfagnana, Frassinoro e Villaminozzo, sorge da secoli il Santuario di San Pellegrino in Alpe ed anche da secoli è meta sia di pellegrinaggi popolari che di visita di illustri personaggi.

Nei pressi del Santuario e dell’ annesso edificio conventuale si trovano alcuni edifici residenziali ad uso di albergo e ristorante che territorialmente appartengono al comune di Frassinoro e costituiscono un’isola o "insula", per dirla in latino, territoriale modenese all’interno del comune lucchese di Castiglione di Garfagnana. Ed anche il Santuario è suddiviso in senso longitudinale tra i due comuni.

Una pia e diffusa leggenda, non storicamente comprovata, vuole che San Pellegrino fosse nato ad Edimburgo figlio del Re di Scozia Romano e che, una volta morto il padre, avesse rinunciato al trono per dedicarsi ad opere di bene e ad un pellegrinaggio in Terrasanta ove visse molti anni nel deserto per poi recarsi in Egitto. Scampato ivi miracolosamente al martirio, si diresse poi a Roma per onorare le tombe dei Santi Pietro e Paolo. Da Roma si portò a Modena da cui partì verso le selve della nostra montagna per scacciarvi i demoni e qui morì quasi centenario entro il cavo di un albero, lasciando ivi scritto la sua lunga storia. Ad una donna di Montecreto un angelo suggerì di reperire il corpo di Pellegrino e di costruire una chiesa per traslarvi il corpo: e tutto questo sarebbe avvenuto il 1 agosto del 643.

Se vogliamo invece conoscere la verità storica ci soccorre una ricerca pubblicata nel 1926 da Mons. Angelo Mercati (1870-1955), originario di Levizzano di Baiso. Si tratta di un erudito di straordinario valore ed infaticabile studioso che è stato Prefetto dell’Archivio Vaticano. Ed allora con lui passiamo dalla leggenda alla storia. Scrive in proposito Mercati: "Quale valore storico si deve dare alla leggenda? Bisogna confessarlo nettamente: nessuno!". Poi argomenta, partendo dalla più antica memoria certa sulla Chiesa-Eremo di San Pellegrino che risale al 1100, e scrive: "Poiché Pellegrino non fu un nome di battesimo, ma venne dato a colui che, venuto ignoto sull’Appennino tosco-emiliano, condusse una vita eremitica e santa e detto quindi il pellegrino, potrebbe probabilmente pensarsi ad uno di quei tanti irlandesi i quali dal VI secolo, per voto religioso si interdicevano per lungo tempo o per tutta la vita al loro ritorno in Patria."

Mercati poi ricorda che il 31 luglio 1255 il papa Alessandro IV inviò una lettera al Rettore ed ai frati di San Pellegrino precisando che il luogo era tra la Toscana e la Lombardia (per i toscani noi siamo tuttora i Lombardi e non gli Emiliani) in confine tra Lucca, Reggio e Modena e dando per certa l’esistenza del corpo dell’Eremita- Pellegrino, riverito come santo dalle popolazioni circostanti.

Sono state tante le visite di illustri personaggi successive alla data del 6 agosto 1100, data che si ricava da un antico documento conservato nell’Archivio Vescovile di Lucca e che comprova l’esistenza della "Ecclesia Sancti Pelegrini". Pochi anni prima, e cioè il 20 agosto 1071, Beatrice di Lorena, vedova del Marchese Bonifacio di Canossa e madre della Contessa Matilde, fonda l’Abbazia di Frassinoro sulla via che, attraverso il Passo delle Radici, collegava gli originari domini lucchesi e toscani dei Canossa con i nuovi domini reggiani, modenesi, mantovani e veronesi.

Per citarne alcuni iniziamo da Ludovico Ariosto nel 1522, essendo stato suo malgrado inviato come Governatore in Garfagnana, e poi via con il poeta Alessandro Tassoni nel 1525, Michelangelo Buonarroti nel 1492 quando visitava spesso le cave di marmo statuario sulle vicine Apuane, ed anche nel 1760 e 1790 Lazzaro Spallanzani nei suoi frequenti viaggi naturalistici, il Granduca di Toscana Leopoldo, la Duchessa di Massa Maria Teresa Cybo nel 1741 e 1750 sicuramente nei suoi frequenti viaggi verso Reggio e Modena avendo sposato l’ultimo Duca Estense Ercole III e infine anche il poeta inglese Shelley stante la sua frequente presenza in Versilia, ove in quel mare morirà tragicamente nel 1822.

Oltre ai personaggi illustri a San Pellegrino confluiranno nei secoli tanti altri faticosi pellegrinaggi a piedi; nel 1900 si aggiungeranno invece i più comodi pellegrinaggi sia in bicicletta che in auto o in moto, soprattutto dalla Toscana e dal Modenese grazie alla costruzione, alla fine del 1800, della strada carrozzabile che prese,e prende tuttora, il nome dall’omonimo Passo di Via delle Radici.

Mantengo il ricordo in virtù di una mia permanenza a Piandelagotti nell’estate del 1948 di tanti pellegrini in bicicletta, lenti e affaticati nella salita ma invece pericolosamente veloci nella discesa: erano contraddistinti da un fiore di materiali sintetici comprato nella piazza del Santuario e posto sul manubrio, ma soprattutto da una tavoletta di legno legata ad un pedale che, strisciando sul fondo stradale, fungeva da freno supplementare. Per la gente del posto erano "i balugan cun la tavletta" e "balugan" era infatti il termine dispregiativo che i montanari attribuivano a chi abitava in pianura, e cioè nel "baluginio" della bassa ove manca il chiarore del sole della montagna.

Dimenticandoci la scelta tra un'antica e fascinosa pia leggenda e la più semplice verità storica, resta il fatto che San Pellegrino in Alpe merita una visita o un pellegrinaggio stante la suggestività del luogo e della sua posizione panoramica.

 


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