Enes Ljesnjanin

 

 

Lasciami volare

 

 

"No, non questa volta, non anche questa volta."

"Perché mai no? Non hai mai sentito il desiderio, seppur fragile, di vivere una piccolissima frazione della tua vita con la consapevolezza di non vivere tanto a lungo per raccontarlo ad altri? Quell'indescrivibile brivido, che ci lascia esterrefatti, e che percorre la nostra schiena, causando un sorriso amaro che pare renderci incredibilmente forti?"

"No, non l'ho mai provato. Credo nelle convenzioni, credo nell'equilibro, credo nella normalità. Perchè mai affidare le tue decisioni alla parte che più, non so se affermare docilmente o ferocemente, di te assomiglia ad un animale?" diceva la parte più razionale di me.

Non rispondevo ad alta voce, mi pareva quasi di avere un dialogo con me stesso. Pensavo, e mi sembrava che il tempo andasse più lentamente, ma che i miei piccoli pensieri svolazzassero nel tempo e nell'aria con indecifrabile velocità. Mi pareva di ingannare il tempo, di sottrarre alle sue capacità almeno quella di farmi sentire insignificante e un semplice momento di una esistenza che non vedeva me al centro, e nemmeno chi mi stava intorno.

"Vedi" - rispondevo - "è proprio questo che ti manca. Ti senti più sicuro, ti senti più freddo e distaccato, tenti di non provare sentimenti, perché in te hai quel fortissimo timore che i sentimenti possano prendere la meglio. Quella che tu chiami 'parte animalesca' è l'unica parte del tuo corpo in grado di farti provare vere emozioni. Abbandonati ad esse. Lascia percorrere la tua anima da irrefrenabili passioni che ti rendano finalmente incosciente. "E' questo ciò di cui timoroso ti parlo."

" . . ."

Già. Questa volta anche la parte più razionale di me stava in silenzio. Mi ascoltava ma non capiva.

Mi trovavo lì, in piedi, su quei sassi, che ogni uomo vede grigi, ma che avevo la forza di vedere verdi, ed io nudo, completamente nudo. Finalmente completamente nudo. Vestivo sì, ma mi trovavo a contatto con la realtà che pochi avevano avuto la possibilità di vivere. Spoglio dell'avarizia e dell'ipocrisia, spoglio delle convinzioni, ma alle stesse condizioni della natura che mi accerchiava.

Davanti a me un precipizio.

Qualcuno l'avrebbe definita "scarpata", a me piace più il termine "magia". Mi sentivo io, il vero io, guidato dai miei pensieri, dai brividi che partivano dalla schiena e giungevano alle braccia, quasi involontariamente, provocando quel sorriso amaro di cui parlavo in precedenza. Creando in me quella sensazione fantastica, che mostravo attraverso occhi luccicanti, pieni di speranza e di piacere dell'ignoto.

Guardavo verso il basso. Affiorava il pensiero tipico di chi dalle emozioni pure si fa sopraffare.

Resto qui, in piedi, continuando a guardarmi attorno con questo genuino sorriso, o decido di passare qualche attimo in aria, fluttuando tra ossigeno e pensieri. In fondo, credo, ai fini della vita in sé, i pensieri ed i sentimenti siano ben più essenziali dell'ossigeno. Il piede scivola lentamente sullo sdrucciolato sasso che mi divide da quella fantastica ebrezza. Le braccia tentano di farsi equilibrio, ma la mente spera che questo equilibrio vada perso. Ha semplicemente troppa paura della parola "fine", che vede la mia parte più razionale al termine di quel precipizio.

Gli occhi restano aperti, quasi a voler immortalare ogni istante, ogni scrupoloso dettaglio.

In fondo siamo questo, tentiamo di fermare ogni singolo momento della nostra vita, con la speranza di parlarne un giorno ai nostri cari. E allora perchè sto ancora tenendo gli occhi aperti, quando benissimo so che non avrò nessuno a cui raccontare della mia esperienza?

"Chiudi quegli occhi" mi sento sussurrare.

Non so se a parlare sia la natura, sia io o sia qualcun altro. So solo che chiusi gli occhi.

Le ginocchia faticano a tenermi in piedi.

Non ho mai provato una sensazione così bella.

Non sento più nulla sotto ai piedi.

Un fotogramma: vedo in un solo istante gli attimi più belli che l'esistenza mi ha dato. Una sensazione nuova parte dai miei docili occhi ed arriva alle mie labbra, che piano e silenziosamente abbozzano un sorriso, rimanendo socchiuse. Non è come l'avevo immaginato tutto questo tempo. E' meglio. Addio, fragile sorriso che hai portato solo incertezza, addio fragile sorriso che tentavi di essere guidato dalla parte di me che ore sta in silenzio perché non sa cosa rispondere al mio istinto. Addio, fragile sorriso.

Sento un'emozione indescrivibile. Prendo velocità, penso anche ai brutti momenti che hanno caratterizzato la mia vita, ma in questo momento anche questi mi paiono felici e degni di essere ricordati. Apro le braccia, quasi come se volessi essere accolto tra le braccia della natura, della terra che sta lì, a pochi metri da me oramai.

No!

Non andrà così, no! Non mi getterò. Apro gli occhi. Intorno a me vedo le stese cose che vedevo prima di chiuderli. Non ero in aria, e l'unica cosa che fluttuava era la mia mente. Grazie al cielo – mi dico – mi è stata donata l'immaginazione, e perché mai intraprendere un viaggio di sola andata, in una vita che non dà mai due possibilità? I sassi sono rimasti per me verdi, il precipizio resta roseo, ma tale lo lascerò. La vita mia è più cara di qualche istante di indescrivibile sensazione.

Ma l'addio al fragile sorriso non può che essere definitivo. Sul mio viso prende largo un vero sorriso, il sorriso di colui il quale è consapevole di se stesso, della sua forza, delle sue capacità e potenzialità. Noi tutti siamo in grado di volare e cadere. Ma se non siamo in grado di rialzarci, quanto vale quel volo? Forse in un'altra vita, non in questa.

Sorrido, davvero questa volta. L'aria mi sussurra qualcosa, inizia a piovere. Cadono sentimenti, cadono istanti di passioni, e ancora una volta mi sveglio da questo sonno. Non piove, sono sdraiato nel letto di camera mia, non c'è alcun precipizio, e da che mondo è mondo le rocce restano grigie ed i precipizi dove non si vede il fondo neri. Guardo il soffitto e sorrido.

Mi rendo conto che è appena terminato l'unico momento di una giornata durante il quale la parte più irrazionale di me ha la meglio.