Luca Casoni

 

Belle persone

 

 

Bevo uno spritz e fumo.

Mi trascino verso la piscina, sulla quale la luna riflette la sua luce fredda. Due o tre ragazzetti stanno facendo il bagno, e urlano, e provano a trascinare in acqua le loro amichette. Fanno le fighette, le preziose, ma alla fine non aspettano altro che uno di loro esca dall'acqua e le butti dentro, palpandole più o meno velatamente. Incontro Albert. Si inizia a parlare dei Joy Division, dei Cure, dell'importanza di uno strumento come il basso nella musica new wave, dell'ennesimo locale che chiude in provincia.

Ordina un prosecco, io un altro spritz. E' già il quarto o il quinto che bevo, non ricordo. Va sempre a finire così: vengo a 'ste festine e bevo come un cane, e succede sempre che qualcuno è costretto a riaccompagnarmi a casa e mollarmi sdraiato davanti alla porta. I miei dicono che sono un fallito e che mi faccio compatire. Forse è vero, non lo so. Cazzi loro, in ogni caso. Arriva anche Marco, nel frattempo. Ha gli occhi rossi e un sorriso ebete, ha fumato di sicuro. Mi dice che c'è un gruppetto di ragazzine a cui dobbiamo assolutamente attaccare pezza. Io non è che ne abbia una gran voglia, a dire il vero, ma è sempre meglio che stare qui a parlare con quel rompianima di Albert. Niente di personale con Albert, per l'amor di Dio. Anzi, ce ne fossero. E' che tende a diventare pesantino, dopo un po'; sarà che parla troppo e di robe troppo intellettuali, sarà che si lava poco. Non lo so. Lo smarrisco con una scusa e mi avvio con Marco. Le tipe sono in quattro, sedute a un tavolino. Due sono rutti, le altre due invece sono molto carine. Ci presentiamo solo a quelle carine, un velato invito a levarsi dai coglioni che le altre due colgono senza troppi problemi. Si chiamano Elena e Matilde. Matilde ha gli occhi azzurri ed i capelli castani, ed è ubriaca quasi quanto me. Mi chiede se una volta avevo un gruppo, che le sembra di ricordarsi di avermi visto suonare da qualche parte. E' bella, ed ha una voce molto cinematografica. Penso che sarebbe bello avere una ragazza con la voce cinematografica. Comunque si, suonavo in un gruppo, anzi cantavo, perché di suonare non me ne è mai fregato niente.

Marco nel frattempo è già in stato di preavvinghiamento con Elena. Io e Matilde ci alziamo e andiamo a fare un giro. Continua a parlare del mio gruppo, dice che le piaceva la musica che facevamo, anche se la inquietava un po' il mio modo di stare sul palco. "Sembravi un prete che celebra il funerale di sua madre" dice ridendo. Rido anch'io, e le dico che la tristezza è tutta una posa, una questione di coerenza con quello che scrivo, ma che in realtà sono tutt'altro che triste. Forse.

La guardo un attimo negli occhi. Cazzo, è proprio bella. E' anche simpatica, e poi con quella voce...

Continuiamo a parlare e parlare; e parlare con lei è proprio stimolante, dice esattamente le cose che vorrei sentire, e ad un certo punto ho una sensazione come se il cervello si librasse nell'aria in tante piccole bolle di sapone, e lo stomaco ha dei vuoti tremendi. Si alza dal muretto per andare in bagno; le sorrido e le dico che, ok, la aspetto; mi accendo un'altra Chesterfield. Una delle paglie più buone della mia vita. E' davvero incredibile come una sigaretta possa essere il completamento ideale di qualsiasi cosa. Matilde ha lasciato qui la sua borsetta. La apro. Ha un portafoglio di Burberry con dentro ben 150 euro. Infilo velocemente i soldi nella tasca anteriore dei jeans e corro lungo il viottolo verso il parcheggio.

Marco è già là che mi aspetta con la macchina accesa.