la Luna nuova

Notizie, tradizioni, solidarietà da Palagano e dintorni 

 

 

Editoriali&Terza pagina

 

Raccolta degli editoriali  e delle "Terze pagine" pubblicati sul periodico la Luna nuova

 

 

Indice

 


la Luna nuova  -  Gennaio 2009


 

 


Editoriale


 

 

 

Dunque, dove eravamo rimasti?

 

 

"La Luna volta pagina", abbiamo scritto nell'ultimo numero.

E, in effetti, abbiamo voltato pagina.

Non vi sarà sfuggito che è mancato il numero estivo; ciò a causa di una lunga e a volte sofferta pausa di riflessione, conseguente alla deludente risposta all'appello dell'editoriale del numero di aprile.

Non nascondiamo che ci saremmo aspettati un sostegno maggiore e non solo economico. Abbiamo seriamente valutato la possibilità di considerare chiusa l'esperienza de "La Luna", iniziata nell'ormai lontano 1993. Ci siamo confrontati diverse volte, ma da inguaribili sognatori quali siamo, abbiamo convenuto che "La Luna" ha ancora molto da offrire.

L'elemento determinante che ha portato alla decisione di continuare è stato l'interesse dimostrato da alcuni giovani a collaborare attivamente nell'associazione.

Questi ragazzi si sono impegnati, non solo nella redazione del giornale, ma anche nella ripresa di quelle attività che nel corso degli anni sono state abbandonate, come spettacoli teatrali, mostre, ricerche storiche, conferenze, solidarietà… per cercare di ritornare alle motivazioni originarie che hanno fatto nascere questa realtà.

Coerentemente con quanto scritto nell'ultimo editoriale, è stata presa la decisione di inviare il giornale solo a coloro che hanno dimostrato sostegno, aderendo all'associazione con un contributo.

Il giornale continuerà ad avere la veste tipografica e i contenuti consueti, ma diventerà l'organo ufficiale dell'associazione "La Luna" e renderà conto delle diverse attività.

Al momento sono stati creati alcuni gruppi di lavoro in rapporto agli interessi e alle capacità delle persone presenti: redazione, teatro, biblioteca, vita politica locale, iniziative culturali. Non escludendo altri campi d'interesse in futuro (dibattiti pubblici, ricerca storica…).

Riprendiamo il cammino con rinnovato entusiasmo, con maggiori forze e competenze e con il solito obiettivo: crescere insieme.


 

La Redazione

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Terza pagina


 

 

I beni comuni

Cosa sono i beni comuni? Voglio essere diretto: i beni comuni sono risorse per le quali la gente non deve pagare per usarli. In altre parole: i beni comuni sono beni non mercificati, l'uso dei quali è condiviso dalla comunità che ne trae tutti i benefici e che ne affronta i costi. Se credete che per questo i beni comuni siano un'utopia, beh! Allora voi state respirando un'utopia.

I beni comuni però non sono beni liberi, dei quali uno fa quello che vuole. L'uso e l'accesso a questi beni è sempre definito all'interno di istituzioni, costumi, regole o norme sociali e/o comunitarie. E questo in tutto il mondo in una miriade di forme, e in tutte le epoche della storia. Nelle forme tradizionali e classiche, queste norme sono decise dalla comunità stessa, molto spesso come tra le popolazioni indigene dell'America centrale, le realtà tribali africane o tra i membri di una polisportiva di un paese di montagna nell'Appennino Tosco-Emiliano in forme che esprimono valori di democrazia assai più elevati di quella parlamentare o municipale di uno stato moderno. Le comunità si danno regole al fine di garantirne la sostenibilità, evitando che questi beni (acqua, terra, foreste, risorse energetiche, ma anche edifici e strutture pubbliche, scuole, biblioteche multimediali, strade e via dicendo) si consumino oltre le capacità rigenerative naturali o sociali del territorio.

Il fatto che le comunità si diano delle regole per la gestione dei beni comuni, è un fatto che, chi ne propone la privatizzazione, dimentica. Per loro vige invece il principio della cosiddetta "tragedia dei beni comuni", poiché si immaginano non una comunità che lavora insieme per gestire i beni in comune, ma un gruppo di individui senza rapporti sociali tra di loro, ognuno interessato unicamente a massimizzare il suo tornaconto. Se così stessero le cose, infatti, non ci sarebbe veramente scampo: quel pascolo sarà esaurito, quella fonte sarà inquinata e quell'aria impregnata di tossicità. E ci sarà sicuramente chi tra i lettori crede che questo sia naturale, che sia l'essere umano ad essere un lupo nei confronti del prossimo (homo homini lupus), e che quindi privatizzare le risorse per l'appropriazione privata sia l'unico modo per far sì che esse siano gestite in modo appropriato. Ma questa è una credenza riduttiva e cieca, che si scontra con innumerevoli esempi contrari che dimostrano la vitalità e sostenibilità (a volte, come il caso dei pascoli comuni svizzeri, si tratta di sostenibilità centenaria) di beni comuni gestiti dalle comunità. Ma rimando a un prossimo intervento una rassegna di alcuni esempi.

Ora, perché parlare di beni comuni in queste pagine de "la Luna"? Per una ragione molto semplice, ma anche molto complessa. Ci troviamo nel mezzo di due enormi e potenzialmente devastanti crisi, l'effetto delle quali si sta già avvertendo anche tra i nostri monti. Da una parte, c'è la crisi che sta colpendo le economie e la finanza di tutto il mondo con tragiche ripercussioni sociali. Dall'altra, una crisi ecologica planetaria e di cambiamento del clima con altrettante conseguenze sociali (per non parlare di quelle ovvie, cioè ambientali). Entrambe queste crisi sono il prodotto di modelli di sviluppo incentrati su politiche che vedono nella "tragedia dei beni comuni" la loro mercificazione e il conseguimento del profitto privato senza limite, la loro ragione d'essere. È ora di voltare pagina perché non ci si può ancora una volta illudere che la soluzione di queste grandi crisi avvenga attraverso le stesse istituzioni politiche ed economiche che le hanno provocate. La loro soluzione è anche e soprattutto nelle nostre mani, nella nostra capacità di fare comunità produttiva, e di confrontarci e lavorare insieme ad altre comunità che condividono i nostri problemi, sul territorio, nella regione, nel continente e nel pianeta. È ora di iniziare una riflessione collettiva su tali questioni anche tra i nostri monti, nelle nostre comunità. Qual è il nostro patrimonio comune? Cosa ne è della nostra acqua? Quali fonti energetiche rinnovabili potrebbero essere valorizzate se pensassimo al bene del territorio e della comunità montana? E la cultura e il sapere: che accesso abbiamo noi, in montagna, a questo patrimonio umano collettivo? Quali beni comuni sono necessari per rilanciare la cooperazione sociale e il lavoro tra i nostri monti? Grandi domande sui beni comuni alle quali si può dare solo una risposta... in comune.

 

Massimo De Angelis

 


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