la Luna nuova

Notizie, tradizioni, solidarietà da Palagano e dintorni 

 

 

Editoriali&Terza pagina

 

 

Raccolta degli editoriali  e della rubrica "Senz'offesa" pubblicati sul periodico

 

 

Indice

 


la Luna nuova  -  Novembre 2003


 

 


Editoriale


 

 

 

 

Il valore del confronto


 


Questo editoriale ha l’obbiettivo di far riflettere e portare al confronto, strumento a quanto pare non amato da noi palaganesi, ma non solo. Partiamo da un fatto di pura cronaca: il 18 ottobre scorso è stato organizzato un incontro pubblico sul tema “Ambiente e sviluppo sostenibile - problematiche locali legate allo spandimento dei liquami derivanti da attività di allevamento intensivo". Ma chi l’ha organizzato? Un capogruppo di minoranza, Gazzetti Elisabetta. All'incontro ha partecipato l’assessore all’ambiente della provincia, Ferruccio Giovanelli, democratico di sinistra. L'invito è stato esteso, naturalmente, al gruppo di maggioranza, in particolare al Sindaco, ma nessun rappresentante della giunta ha ritenuto opportuno essere presente. Nonostante la giornata uggiosa e l’orario, la partecipazione è stata davvero buona: più di cinquanta persone si sono ritrovate in sala consigliare, dimostrando che l’argomento era di interesse. Chiarito fin da subito che non c’era nessuna intenzione di colpevolizzare la categoria degli agricoltori, ma l’unica finalità era d'informare sulle normative vigenti per lo spandimento di liquami, l’incontro si è svolto in una atmosfera di positivo confronto. Si è parlato finalmente, sulla base di elementi certi, di un argomento sicuramente difficile, spesso strumentalizzato, ma soprattutto per lungo tempo occultato. Per noi questo ha dimostrato, per l’ennesima volta, che qualsiasi problema, se affrontato con il metodo del dialogo, può giungere ad una soluzione più condivisa ed efficace. Il dialogo fra le parti, in un confronto democratico, costituito da un attento ascolto (senza pregiudizi) e dall’espressione della propria opinione, senza che nessuno si senta depositario della verità assoluta, è secondo noi, la strada da percorrere per una migliore gestione di un piccolo comune come il nostro.
Con rammarico questa non ci sembra rispecchiare la nostra realtà amministrativa. Quando ci si pone davanti ad problema quasi mai si cerca il confronto vero, tanto meno pubblico, ma le soluzioni vengono ricercate all’interno di una ristretta cerchia di persone. Questo metodo ha contribuito a creare delle piccole "lobby" di potere e d’altra parte non ha sicuramente aiutato la crescita sociale, culturale ed economica di cui, un comune come Palagano avrebbe bisogno. Lo specchio in cui si riflette in modo evidente questa situazione è il Consiglio Comunale, dove certi argomenti non vengono affrontati, nemmeno quando sono gli stessi consiglieri (sia di maggioranza che di minoranza) a farne richiesta; inoltre è avvilente notare la totale assenza di pubblico, qualunque sia l'argomento trattato, la cosa pubblica sembra davvero non interessare nessuno.
Questo contribuisce alla disinformazione, lascia spazio alle "chiacchiere da bar", al qualunquismo, al pressappochismo, creando inutili e pericolose tensioni tra i cittadini di una piccola comunità come quella palaganese.
Per assurdo, pensate come sarebbe più utile e costruttivo, concentrare le nostre energie su ciò che ci può unire, nel rispetto dei ruoli e delle diversità, rendendoci più forti, anziché su ciò che ci divide…
La politica non è forse questo, la ricerca del bene comune o è solo gestione del potere fine a se stesso?
Noi optiamo per la prima ipotesi e non ci sentiamo degli idealisti (anche se poi il mondo ha bisogno anche di costoro e non c’è nulla di male ad esserlo) ma siamo convinti che democrazia non significa solo delegare ad altri le scelte importanti ma è… partecipazione!

 

 

 

 

 

 

 


Terza pagina


 

 

 

Al di là delle nuvole, il deserto

 

 

di

Fabrizio Carponi

 

E’ una notte cupa, i fari della macchina riescono a malapena a perforare la fitta nuvola che avvolge tutta la montagna, non vedo nulla; né al di fuori, né al di dentro della mia anima. Per fortuna all’improvviso dall’autoradio arriva una musica soave, che mi risveglia dai miei pensieri. Su quelle note la mia mente comincia a volare, vola sopra le nuvole dove l’aria è tersa e fresca, dove non c’è più nebbia, ma non c’è nemmeno la montagna, la montagna del culto, la montagna della vita, la montagna dell’amore, la montagna del dolore. Chissà se la mia anima riuscirà a volare sempre abbastanza alta da non sbattere contro nessuna montagna, non è così facile volare sopra l’odio, sopra le bassezze, sopra l’invidia… sopra al mondo. Questo mondo di ladri… questo mondo di furbi, un mondo fatto di soldi e di potere, un mondo di ipocriti. Ecco non sono riuscito a volare abbastanza alto; alto per poter vedere il buono di questo mondo, il buono della nostra civiltà.
Forse sto esagerando, civiltà è una parola grossa; definire civili chi sfrutta i più poveri, chi gli ruba le materie prime, chi brevetta i semi di riso o di grano, chi impianta industrie “pericolose” (che non metterebbe mai nel proprio paese) in paesi poveri e lontani, chi vende pesticidi proibiti (nei paesi dove sono prodotti) al terzo mondo, e, dulcis in fundo, chi vende armi; definire costoro persone civili non mi sembra molto adeguato.
Ma per fortuna c’è anche chi civile lo è per davvero (ricomincio a volare in alto), persone che tutti i giorni aiutano gli altri, i più poveri e gli indifesi, gli oppressi ed i diseredati.
Ma non tutti lo fanno per davvero, alcuni pensano di avere la coscienza a posto solo nel dare l’8 per mille alla chiesa, aderendo a qualche campagna di aiuto pubblicizzata alla televisione, facendo l’elemosina in chiesa con una mano (e poi con l’altra, appena fuori, additare questo e quello), così si sentono tranquilli e ricominciano la settimana, come sempre.
Settimana fatta di lavoro, di qualche divertimento, di notizie viste alla TV che non sembrano neanche vere, tanto sono sempre uguali: morti ammazzati, drammi familiari, stragi del sabato sera, le solite due o tre guerre in qualche parte del mondo.
E qui dieci morti, cento morti, migliaia di morti, ma tanto sono lontani: sono iracheni, afgani, israeliani e palestinesi. Fino qua tutto in regola, le solite guerre che si vedono in TV (c’è ne sono tante altre che non ci fanno vedere), ma poi una mattina un’auto bomba (una delle tante che ogni giorno, da qualche parte nel mondo, uccidono) esplode nella caserma del contingente italiano in Iraq. E’ una strage. Morti, morti italiani, morti che potrebbero essere il nostro vicino, un nostro parente, il figlio di un nostro amico. Uomini che in cuor loro erano lì per portare aiuto e pace, ma da alcuni considerati, purtroppo, nemici. Ed allora i morti tornano ad essere reali, non sono “quelli” alla TV. Perché? Perché sono come noi, hanno la nostra pelle, la nostra religione, la nostra civiltà.
Tutti si chiedono cosa ci facevano nel bel mezzo di una guerra. Mi correggo, in Iraq non c’è più la guerra (gli americani hanno detto che è finita a maggio), questo è terrorismo. Quindi i nostri soldati sono stati mandati in un lontano paese, per una missione di pace, ma se la guerra è finita, la pace c’è già e quindi cosa li hanno mandati a fare?! C’è il terrorismo; ma allora i nostri soldati li hanno mandati per combattere il terrorismo, non per la pace.
Che orrore questi terroristi, uccidono, sequestrano, torturano, seminano il terrore. Ora che ci penso però, anche chi è andato in guerra in Afghanistan, in Iraq e magari presto anche in Iran o in Siria ha ucciso, ha sequestrato (i prigionieri nella base americana di Guantanamo sono lì legati, bendati in gabbie al sole, al di là di ogni legge o trattato internazionale sui prigionieri, quindi direi che sono sequestrati e torturati); infine vi lascio immaginare il terrore delle popolazioni coinvolte.
A questo punto qualcuno mi deve spiegare perchè se una persona irachena, afgana, saudita, marocchina, tunisina fa le cose sopra elencate, è un terrorista, se invece le fa un americano, un inglese, uno spagnolo o un australiano è un portatore di pace, di giustizia di democrazia. Si, noi paesi civili, siamo andati in Afghanistan, in Iraq per portare la democrazia. Mi chiedo allora perché non siamo mai andati in Uganda dove da 15 anni c’è la guerra civile, in Centrafrica, in Ruanda, in Angola; forse perché questi paesi non hanno tanto petrolio come l’Iraq o non sono luoghi strategici per farvi passare gli oleodotti come l’Afghanistan.
Poi mi vengono in mente altri paesi dove la democrazia non c’è, o dove non vengono rispettati i diritti civili. Penso alla Cina: non vengono rispettati i fondamentali diritti civili e, ciliegina sulla torta, i cinesi da più di 50 anni hanno invaso ed occupano militarmente quello che era un libero stato sovrano, il Tibet. Come mai a nessuno, di noi paesi civili, è mai venuto in mente di portare anche lì la democrazia. Per non parlare poi di tutte quelle democrazie sovvertite, perché poco amiche dei paesi civili, con colpi di stato (l’elenco sarebbe lungo: Cile, Panama, Nicaragua, Iran...).
E' una notte cupa, poi finalmente i fari della macchina bucano la nebbia e mi appare un luogo sereno e pieno di luce. Mentre mi avvicino mi accorgo che, oltre ad essere pieno di luce, è anche brulicante di persone, persone che lavorano, che parlano, che ridono, che si aiutano, che si abbracciano, cantano e ballano. E’ l’altra faccia del mondo civile, mi sento a casa, è il mio mondo, il mondo di chi cerca di migliorare la vita di tutti, che si batte per i diritti di tutti, civili ed incivili, bianchi e neri, democratici e non. Perché la vita ha lo stesso valore in qualunque parte del mondo tu nasca e qualsiasi sia il tuo credo religioso. La macchina si ferma, spengo la radio, finalmente sono arrivato, arrivato sulla mia montagna; vedo sotto di me la nebbia che avvolge il resto del mondo, ma oltre la nebbia ora so che ci sono "altre montagne", con persone belle e libere come nella mia.

 


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