la Luna nuova

Notizie, tradizioni, solidarietà da Palagano e dintorni 

 

 

Editoriali&Terza pagina

 

Raccolta degli editoriali  e della rubrica "Senz'offesa" pubblicati sul periodico

 

 

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la Luna nuova  -  Maggio 2000


 

 


Editoriale


 

 

 

 

Non siamo nel Far West

 

di

Davide Bettuzzi

 


Qualche settimana fa, di buon mattino (o, meglio, a notte inoltrata), me ne stavo tornando a casa dopo una serata trascorsa in allegria con amici.
Percorrevo tranquillo (ed un poco assonnato) la provinciale sud in direzione Palagano quando improvvisamente vengo colto, alle spalle, da un forte “rombo”. Nello specchietto retrovisore compare un’auto che, a velocità sostenuta, rapidamente si avvicina. Ho appena il tempo di preoccuparmi che già il bolide, pieno di numeri e di scritte sulla carrozzeria, è passato oltre.
Faccio mente locale. Mi ricordo che è in corso il rally. Per un attimo mi coglie l’atroce dubbio di essermi inavvertitamente, causa la stanchezza, immesso nel percorso di gara; ma poi ricordo che da lì passava solo il trasferimento.
Mi tranquillizzo e spontaneamente penso: “Ci vorrebbe Mario!”...
Mario è il nostro vigile urbano, famoso ormai, per la sua... dedizione e coerenza. Mi pento anche di avere, a suo tempo, contestato l’acquisto dell’autovelox e dell’etilometro da parte del comune.
Intanto sono giunto all’inizio del paese e... non c’è più il cartello “Palagano”! Anzi c’è, ma è stato coperto da un grosso pannello di cartone su cui risalta, a grandi caratteri, la scritta: “Attenzione! Autovelox al centro del paese”. Che organizzazione! Chi può mai aver scritto un tale avviso?
Immerso nei miei pensieri giungo a casa e in men che non si dica sto già dormendo nel mio caldo lettuccio.
Qualche giorno dopo vengo a conoscenza delle polemiche, ospitate anche dalla stampa, in merito alle contravvenzioni che quella notte Mario, Carletto e i Carabinieri hanno rilevato, utilizzando l’autovelox, a chi transitava in auto, ad alta velocità, per le strade del paese. Alcuni corridori del rally sono stati immortalati. Si dice e si scrive che l’autovelox è da considerare una strumentazione contro il turismo in montagna, che l’etilometro serve per penalizzare i vecchietti che se ne stanno alla sera al bar ed altri deliri.
A questo punto mi chiedo che differenza c'è se quella notte venivo travolto da un normale cittadino, più o meno ubriaco, da un vecchietto o da un corridore di rally durante un trasferimento (tutti tenuti a rispettare il codice della strada, come lo rispettavo io)?
Nessuna pietà per i “furbi” (ed uso un eufemismo), chiunque essi siano!

 

 

 

 

 


Terza pagina

Senz'offesa


 

 

Politica e verità!?

 

 

Le zuffe televisive tra politici, sempre più frequenti a mano a mano che ci si inoltra in qualsiasi campagna elettorale, mettono sempre più in difficoltà il cittadino- telespettatore: nella baraonda delle opinioni che rigirano gli argomenti, diventa difficilissimo cogliere le differenze, riconoscere le responsabilità, distinguere tra bugia e verità. In effetti, tra verità e politica non è mai corso buon sangue. La verità è sempre stata tradizionalmente l’obiettivo professionale dei filosofi; e proprio il primo di essi - Socrate - fu condannato dallo stato, che gli lasciò, certo la possibilità di sottrarsi alla morte accettando l’esilio: una soluzione squisitamente politica, di compromesso, presa da una maggioranza, che affermava la colpevolezza di Socrate, ma che lasciandogli una via di scampo, si sottraeva all’accusa di crudeltà: con la morte o con l’esilio, di Socrate ci si sarebbe liberati. Una soluzione che Socrate stesso non poteva accettare, perchè basata su un giudizio falso: e quando c’è di mezzo il vero e il falso, non sono possibili i compromessi perchè la verità non consente mediazioni. La separazione tra verità e politica è moneta corrente anche oggi. Il potere, si sostiene, viene esercitato non in base alla verità, ma alle opinioni dei cittadini: nel prendere una decisione - al parlamento come al consiglio di quartiere - non ci si chiede se le opinioni sono vere, ma ci si limita a contarle.
Questa è la regola che consente di risolvere i conflitti in maniera non cruenta, al contrario, se le diverse parti combattessero, ciascuna, in nome della verità - la quale non accetta mediazioni - i conflitti sarebbero assoluti, non risolvibili. E’ questo il motivo per il quale si decide in base alla maggioranza delle opinioni espresse. Stando così le cose, non è affatto garantito che la decisione che ne risulta sia vera: è soltanto quella che si è riusciti a trovare senza fare la guerra.
Per molti la democrazia è tutta qui; ma questa visione che elimina il problema del rapporto della politica con la verità, è piuttosto superficiale. La democrazia intesa in maniera più profonda, non riconosce soltanto l’autorità della maggioranza del momento, c’è un’altra autorità: è l’insieme di quei principi universalmente accettati sui quali si fonda la società politica e che sono raccolti, generalmente, nella Costituzione dello stato. Uno stato nasce in momenti straordinari, attraverso vere e proprie prove storiche cui le popolazioni sono sottoposte (migrazioni, guerre civili, la costituzione di una federazione, ecc...). Sono momenti nei quali il popolo, trae dalla cultura, dalla religione, dalla tradizione, dall’esperienza vissuta, le linee di orientamento del nuovo stato, e lo fonda. Per questo tutte le leggi successive votate da una particolare maggioranza devono essere confrontate con i valori fondanti, e se in disaccordo con essi, modificate: quei valori infatti, essendo riconosciuti come veri non accettano compromessi. All’origine dello stato c’è il riconoscimento - comune e reciproco - di una verità. Oggi c’è la tendenza a negare questo tipo di autorità. Il problema è che se si rinuncia ad un nucleo di verità riconosciuta da tutti, e si conferisce alle opinioni un potere assoluto, si distrugge la politica stessa: è il nostro problema di oggi, quello che fa sì che nel dibattito non si riesca più a capire chi ha ragione e chi ha torto, non si percepisce più la differenza tra i fatti e le opinioni. Alla radice della confusione c’è da parte dei diversi soggetti politici, il rifiuto dell’altro, la volontà di allontanarsi da lui e di distinguersene alimentando il conflitto. E’ un errore perchè all’origine dello stato c’è invece proprio il contrario: c’è il riconoscimento - comune reciproco - di una verità. Dovremmo dunque partire da questo presupposto che la verità che io porto appartiene allo stesso insieme cui appartiene la verità portata dall’altro, anche quando è un avversario politico, che la “mia” verità e la “sua” hanno bisogno l’una dell’altra. Solo se è chiara la realtà che unisce la società politica, cioè la verità comune a tutti, allora possono prendere significato anche le diverse posizioni ed è possibile vedere il contributo originale di ciascuna; se quella unità viene meno, allora anche l’identità di ogni gruppo politico diventa indistinta e il dibattito si trasforma in zuffa…

 


Tratto da un articolo di Antonio Maria Baggio pubblicato su Città Nuova
 


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