La Via Bibulca


 

 

Piandelagotti: ciò che resta della Via Bibulca

 

 

 

Questa via, larga come una mulattiera del giorno d’oggi, ma notevole per l’epoca, già nominata nel diploma carolingio del 781 col nome di via nova, iniziava alla confluenza del fiume Dragone nel fiume Dolo e si portava a Rubbiano, La Verna, Serradimigni, Tolara, Frassinoro, Pietravolta, Monte Roncadello, S. Geminiano, Passo delle Radici, S. Pellegrino quindi in Garfagnana.

L’apertura della via Bibulca o Via dei Buoi (chiamata anche Via Imperiale), forse perchè abbastanza larga da permettere il passaggio di due buoi aggiogati, da alcuni viene fatta risalire all’VIII secolo, agli anni successivi la conquista longobarda della montagna modenese (728 d.C.). Ai Longobardi, infatti, necessitavano agevoli collegamenti tra i vari territori da loro sottomessi (la Garfagnana prima, la montagna modenese dopo).

Altri ritengono che questa via potesse essere stata un tracciato romanico o addirittura pre-romanico riaggiustato.

Lungo la via Bibulca sorgevano alcuni ospizi che servivano da ricovero per i viandanti, ed in particolare a Frassinoro, a S. Geminiano (nei pressi dell’attuale Piandelagotti) e a S. Pellegrino in Alpe.

La via fu spesso oggetto di discordie tra il Comune di Modena ed il Monastero di Frassinoro; nel 1164 Federico I concesse al Monastero i diritti di guida e di custodia, essendo spesso percorsa da bande di briganti, del tratto Ponte di Cornilio-Chiozza, in Garfagnana.

Nel 1522 Ludovico Ariosto, recandosi ad assumere il governo della Garfagnana, sperimentò lo stato disastroso a cui era ridotta la via definendola "iniqua strada".

Attualmente resta solo un breve tratto nei pressi di Piandelagotti.


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