La Valle del Dragone


 

Nascendo alla Piallaccia (1529 metri s.l.m.), poco sotto il Passo delle Radici, arricchendosi dell'acqua dei numerosi affluenti (circa 40), il torrente Dragone scorre, per una ventina di chilometri, fino alla confluenza nel Dolo, nei pressi di Cerredolo, quindi nel fiume Secchia, solcando una delle più belle vallate dell'appennino modenese: la Val Dragone.

Oggi l'aspetto è piuttosto quello di un ruscello, soprattutto nella stagione secca, a causa la captazione delle acque alle sorgenti e anche l'utilizzo lungo il corso del torrente stesso, come a Riccovolto dove alimenta la centrale per la produzione di energia elettrica. Inoltre è attraversato da una serie di ponti che ne permettono l'agevole traversata.

Non era così in passato. Il fiume Dragone era "veramente quel drago avido di vite umane, quando qualcuno avesse osato attraversarlo nei momenti in cui si fosse mostrato infuriato" (d. Galloni). Fu infatti responsabile di rovinose piene, fino a non molti decenni fa, e non poche furono le persone che vi persero la vita annegate.

La Valle del Dragone si allunga per una ventina di chilometri dalle giogaie appenniniche alla piana del Secchia, degradando dai 1700 metri di altitudine dell'Alpe di San Pellegrino, che la chiude a meridione, ai circa 300 della confluenza del fiume Dragone nel Dolo. A occidente è separata dalla Valle del Dolo dai monti Roncadello (m. 1353) e Modino (m. 1414). A oriente è delimitata dal lungo sperone montano formato dal Sasso Tignoso (m. 1492), dall'Alpesigola (m. 1642), dal Cantiere (m. 1618) e dai monti Spino (m. 1070), San Martino (m. 1053) e S. Giulia (m. 935).

Nelle zone inferiori, le più fittamente popolate, agli appezzamenti coltivati si alternano sparsi castagneti e querceti. L'alta Val Dragone, invece, è il regno incontrastato della faggeta, dal ricco sottobosco e maculata dalle aree a pascolo, che nei secoli ha soppiantato per la massima parte le conifere originarie. Lungo le pendici delle cime più elevate domina la spoglia prateria d'altura, tappezzata dal mirtilleto e colorata, allo sciogliersi delle nevi, dall'estesa ed effimera fioritura dei crochi.

La fauna che popola la vallata è ancora abbastanza ricca. Scomparsi da tempo i grandi predatori, l'orso e il lupo, che decimarono gli armenti ed alimentarono gl'incubi dei montanari nei secoli passati, vi si incontrano oggi la faina, la puzzola, la martora, la donnola, la volpe, il tasso, il ghiro, lo scoiattolo, la lepre, il riccio. Il daino ed il capriolo vi sono stati introdotti di recente, a scopo di ripopolamento. Il cinghiale, liberato a fini venatori nei boschi di crinale, vi si è riprodotto in gran numero. I gallinacei più comuni sono il faggiano, la starna, la pernice, la quaglia. Si possono osservare, con maggiore facilità, passeri, merli, cardellini, cincie. In autunno vi trasitano, provenienti da settentrione, il tordo, la beccaccia, l'allodola e torme di colombacci. Non rari, soprattutto dopo inverni particolarmente miti, l'incontro con rettili comprese vipere.

La Val Dragone ben servita e non deturpata dai percorsi stradali, aperta su panoramiche sempre più vaste e luminose, mano a mano che si sale, offre, in aggiunta alle bellezze paesaggistiche, motivi d'interesse storico-artistico, legati prevalentemente alle vicende medioevali.


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