I mestieri di una volta. SCARPOLINO.


Una volta le scarpe costituivano un bene assai prezioso ed erano tenute con molta cura. Tutte le sere venivano pulite e ingrassate con la sùngia. Un paio di scarpe, o meglio di scarponi, servivano sia per l’estate che per l’inverno. Solo i più fortunati potevano permettersi anche un paio di scarpe basse per la festa. U šcarpulin  (lo scarpolino) faceva, ma molte più volte rifaceva, scarpe e curgiël (lacci in cuoio). Spesso i calzari presentavano forma di trunchechj (tronchetto). Le tomaie erano di "vacchetta". Le suole, in cuoio, venivano doverosamente ricamate con chiodi a testa larga (bollette), che avevano lo scopo di evitarne il consumo. Ogni paio di scarpe era un prototipo. Il calzolaio, infatti, prendeva le misure del piede e, aiutandosi con forme e spessori vari, modellava la vacchetta. La colla era quasi sconosciuta. Tomaie e suole erano tenute saldamente assieme con cuciture fatte con spago ritorto, legato da pece. Sulla punta dello spago il calzolaio innestava una setola, come guida, per passare nel buco fatto dalla lesina. L’artigiano lo rendeva scorrevole con la cera d’api e lo tirava con forza proteggendosi le mani con uno speciale guanto: la manëtta. Gli attrezzi principali utilizzati dal calzolaio erano: e banchëtt (il desco), la lešna  (la lesina), u sass  (il sasso), curtee (coltelli), semenze, martelli, lisciasuole e forme.